Introduzione
Hillel (ebraico הִלֵּל Hīllēl; chiamato anche Hillel HaGadol, Hillel HaZaken, Hillel HaBavli o HaBavli, nato secondo la tradizione a Babilonia intorno al 110 a.C., morto il 10 a.C. a Gerusalemme) è stato un capo religioso ebreo, saggio e studioso associato allo sviluppo della Mishnah e del Talmud e fondatore della scuola di tannaim Casa di Hillel vissuto a Gerusalemme al tempo di Erode il Grande.
È popolarmente conosciuto come l’autore di due importanti detti in teologia: “Se non sono per me stesso, chi sarà per me? Ed essendo solo per me stesso, cosa sono io? E se non ora, quando?” e l’espressione dell’etica della reciprocità, o “Regola d’oro”: “Ciò che è odioso a te, non farlo al tuo prossimo”. Questa è tutta la Torah; il resto è la spiegazione; vai e impara”.
La vita
Appartenente alla stirpe di Davide da parte di madre, della tribù di Beniamino da parte di padre, lasciò Babilonia per studiare con i maestri ebrei della Terra d’Israele, Shemaiah e Avtalyon, entrambi convertiti all’ebraismo. Il Talmud racconta che, quando l’ingresso alle lezioni era a pagamento, non avendo il giovane studente disponibilità di denaro, dovette una volta salire sul tetto dell’edificio dove si tenevano le lezioni, per ascoltare attraverso il camino; il suo impegno nello studio venne apprezzato dai maestri. Divenne in seguito il membro più importante delle accademie, raggiungendo i vertici dell’ebraismo palestinese, primo dei tannaim, i Maestri della Mishnah. Ebbe numerose dispute con un altro capo religioso, Shammai, per il suo atteggiamento più aperto e meno conservatore, anche nei confronti dei convertiti.
Viene ricordata la sua risposta a un aspirante alla conversione, che desiderava conoscere l’intera Torah e ne chiedeva al saggio un riassunto in poche parole, ed Hillel rispose: “Ciò che non è buono per te non lo farlo al tuo prossimo. Il resto è commento. Vai e studia (la Torah)“. Questa risposta sposa quella fatta da Gesù Cristo allo scriba che domandava: “Qual’è il primo tra tutti i Comandamenti?” (Vangelo di Marco capitolo 12 versetto 28) egli rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il SIGNORE è nostro DIO il SIGNORE è UNO; 30 amerai dunque il SIGNORE tuo DIO con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte la tue forze. 31 E il secondo è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. (Vangelo di Marco 12, 29-31). Anche l’apostolo Paolo afferma: «Chi ama il suo simile ha adempiuto la Legge. Infatti, il precetto: “Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare” e qualsiasi altro Comandamento, si riassume in queste parole: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”» (Romani, 13,8-10). A lui inoltre il Talmud attribuisce il noto detto: “Se io non sono per me, chi è per me? E, se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?“.
L’influenza del suo insegnamento
Dopo la sua morte, i suoi seguaci (il “Bet Hillel”=”Casa di Hillel”), tra i quali Jochanan Ben Zakkai, divennero la scuola dominante: anche nelle controversie con i seguaci di Shammai (Bet Shammai), si manteneva sempre un profondo rispetto reciproco. La Halakhah segue l’opinione dei primi.
Detti famosi
Alcuni degli insegnamenti di Hillel il Vecchio rimangono comunemente noti. Tuttavia, almeno altri due notevoli Hillel vennero dopo di lui, e alcuni studiosi hanno suggerito che alcuni detti attribuiti a “Hillel” possano aver avuto origine da loro.
Il detto di Hillel che introduce la raccolta delle sue massime nel trattato mishnaico Pirkei Avoth cita Aaron HaKohen (il sommo sacerdote) come il grande modello da imitare nel suo amore per la pace, nel suo amore per l’uomo e nel suo condurre l’umanità alla conoscenza della Legge (Pirkei Avoth 1:12). Nel menzionare queste caratteristiche, che la Haggadah attribuisce al fratello di Mosè, Hillel affermava le proprie virtù di spicco. Egli considerava “l’amore per l’uomo” il nocciolo dell’insegnamento ebraico.
La Regola d’Oro
La risposta comparativa alla sfida di un gentile che chiese che la Torah gli fosse spiegata mentre stava su un piede solo, illustra le differenze di carattere tra Shammai e Hillel. Shammai respinse l’uomo. Hillel accettò la domanda ma rimproverò gentilmente l’uomo:
“Ciò che è odioso per te, non farlo al tuo simile: questa è tutta la Torah; il resto è spiegazione; vai e impara”
Hillel riconosceva l’amore fraterno, tra i prossimi, concetto noto nelle religioni anche come “la Regola d’oro”, come il principio fondamentale della legge morale ebraica. (Lev 19, 18)
Amore per la pace
L’esortazione ad amare la pace emanava dai tratti più caratteristici di Hillel, dalla sua proverbiale mansuetudine e mitezza, come viene ricordato nel detto: “L’uomo sia sempre umile e paziente come Hillel, e non passionale come Shammai” (Shab. 30b; Ab. R. N. xv.). La gentilezza e la pazienza di Hillel sono illustrate in un aneddoto che descrive come due uomini fecero una scommessa sulla questione se Hillel potesse essere fatto arrabbiare. Sebbene lo interrogassero e facessero insulse allusioni alla sua origine babilonese, non ebbero successo (Shabbat 30b; Avot of Rabbi Natan 15).
Obblighi verso se stessi e gli altri
Dalla dottrina della somiglianza dell’uomo con DIO, Hillel dedusse il dovere dell’uomo di prendersi cura del proprio corpo. Secondo il Midrash Leviticus rabbah egli disse: “Come in un teatro e in un circo le statue del re devono essere tenute pulite da colui al quale sono state affidate, così il bagno del corpo è un dovere dell’uomo, che è stato creato a immagine dell’onnipotente Re del mondo”. In quest’opera, Hillel chiama la sua anima un ospite sulla terra, verso il quale deve adempiere ai doveri di carità.
In Avot, Hillel afferma: “Se non sono per me stesso, chi è per me? E quando sono per me stesso, cosa sono “io”? E se non ora, quando?”. La terza parte contiene l’ammonimento di non rimandare nessun dovere, lo stesso ammonimento che diede in riferimento allo studio (Avot 2:4): “Non dire: ‘Quando avrò tempo libero studierò’; perché forse non avrai mai tempo libero”.
Il precetto di non separarsi dalla comunità, Hillel lo parafrasa, con riferimento a Eccl. iii. 4, nel seguente detto (Tosef., Ber. ii.): “Non apparire né nudo né vestito, né seduto né in piedi, né ridendo né piangendo”. L’uomo non dovrebbe apparire diverso dagli altri nel suo comportamento esteriore; dovrebbe sempre considerarsi come una parte del tutto, mostrando così quell’amore per l’uomo insegnato da Hillel. Il sentimento di amore per il prossimo si mostra anche nella sua esortazione (Avot ii. 4).
Fin dove arrivava il suo amore per l’uomo può essere visto da un esempio che mostra che la benevolenza deve essere data riguardo ai bisogni dei poveri. Così, Hillel fornì un cavallo a un uomo di buona famiglia che era diventato povero, affinché non fosse privato del suo abituale esercizio fisico; gli diede anche uno schiavo, affinché potesse essere servito (Tosef., Peah, iv. 10; Ket. 67b).
Altre massime
- “Non fidarti di te stesso fino al giorno della tua morte”.
- “Non giudicare il tuo prossimo finché non sarai al suo posto”.
- “Chiunque distrugga un’anima, è come se avesse distrutto il mondo intero. E chi salva una vita, è come se avesse salvato il mondo intero”.
- “Un nome guadagnato è un nome perso”.
- “Dove non ci sono uomini, sforzati di essere un uomo!”
- “La mia umiliazione è la mia esaltazione; la mia esaltazione è la mia umiliazione”.
Lo studio della Torah
I molti aneddoti secondo i quali Hillel faceva proseliti, corrispondono alla terza parte della sua massima: “Porta gli uomini alla Legge”. Una fonte successiva (Avot di Rabbi Nathan) dà la seguente spiegazione della frase: Hillel si trovava un giorno alla porta di Gerusalemme e vide la gente che andava al lavoro. “Quanto”, chiese, “guadagnerete oggi?”. Uno rispose: “Un denario”; il secondo: “Due denari”. “Cosa farete con il denaro?”, chiese. “Provvederemo alle necessità della vita”. Poi disse loro: “Non vorreste piuttosto venire e fare vostra la Torah, per possedere sia questo che il mondo futuro?”
Questo racconto ha gli stessi punti del gruppo epigrammatico dei detti di Hillel (Avot. 2:7) che inizia con: “Più carne, più vermi” e si chiude con le parole: “Chi ha acquisito le parole della Legge ha acquisito la vita del mondo a venire”. In un detto aramaico Hillel lancia un avvertimento contro la trascuratezza dello studio o il suo abuso per scopi egoistici: “Chi vuole farsi un nome (cioè la gloria) perde il nome; chi non aumenta [la sua conoscenza] diminuisce; chi non impara [in Ab. R. N. xii.: “chi non serve i sapienti e non impara”] è degno di morte; chi sfrutta a proprio uso la corona (della Torah) perisce” (Avot. 1:13).
L’influenza di Hillel: “Casa di Hillel” contro “Casa di Shammai”
I discepoli di Hillel sono generalmente chiamati la “Casa di Hillel”, in contrasto con i discepoli di Shammai, la “Casa di Shammai”. Le loro controversie riguardano tutti i rami della legge ebraica. Solo poche decisioni sono state tramandate sotto il nome di Hillel; ma non c’è dubbio che gran parte della più antica letteratura tradizionale anonima sia dovuta direttamente a lui o agli insegnamenti dei suoi maestri. La fissazione delle norme ermeneutiche per il Midrash e l’esposizione delle scritture halakhiche fu fatta per la prima volta da Hillel, nelle “sette regole di Hillel”, che, come è detto in una fonte, egli applicò il giorno in cui superò i Benei Betheira (Tosef., Sanh. vii., verso la fine; Sifra, Introduzione, fine; Ab. R. N. xxxvii.). Su queste sette regole poggiano le tredici di R. Ishmael; esse furono epocali per lo sviluppo sistematico dell’esposizione della Scrittura antica.
Referenze
- Jewish Encyclopedia: Hillel
- Ronald L. Eisenberg (2013). Essential Figures in the Talmud. p. 92. ISBN 9780765709417.
- The Jewish Story Finder: A Guide to 668 Tales Listing Subjects and Sources by Sharon Barcan Elswit (McFarland, 2012)