Moderazione: I 10 Cavalli del Re

Nella Legge, DIO comanda che anche il re, la figura più alta dell’autorità politica, sia sottoposto scrupolosamente alla Legge (Deuteronomio 17, 14-20). Tra le disposizioni specifiche, una appare particolarmente inusuale: “Non moltiplichi per sé i cavalli… e non faccia tornare il popolo in Egitto per aumentare il numero dei cavalli, perché il Signore vi ha detto: Non tornate più per quella via.” (Deut 17, 16). In un contesto in cui i cavalli rappresentavano potere militare, prestigio e capacità di espansione, questa norma è radicale. DIO pone un limite al desiderio regale di potenza, ammonendo che la vera sicurezza non risiede nell’accumulo di mezzi, ma nell’obbedienza alla Sua Legge, nella moderazione e nella rettitudine.

Il riferimento all’Egitto è carico di significato storico e teologico. Non si tratta solo di una questione commerciale, poiché l’Egitto era uno dei principali fornitori di cavalli all’epoca, ma di un monito spirituale: non tornare mai là dove siete stati sottomessi. Non è solo una distanza geografica, ma un distacco interiore da ciò che non appartiene ai credenti, ovvero il potere, l’idolatria, e la fiducia riposta nelle forze umane più che nella volontà divina. Tornare in Egitto significherebbe, simbolicamente, abbandonare il cammino intrapreso per fede, per rifugiarsi nelle illusioni del controllo e della forza materiale.

Inoltre, la Legge, nella sua perfetta sapienza, voleva invitare alla moderazione: anche il primo tra i credenti, il re, deve rimanere umile, e obbediente alla Parola. Dieci cavalli erano più che sufficienti per lui, perché la vera grandezza non si misura nella quantità di mezzi posseduti, ma nella fedeltà a DIO che guida ogni passo con giustizia e misericordia. Non si è più grandi per i cavalli e i possedimenti, ma per la sapienza e la giustizia che dimorano nello Spirito.

I Cavalli come Simbolo dei Vizi dell’Ego

Secondo l’interpretazione proposta da Abrahamic Study Hall, il precetto contro l’accumulo eccessivo di cavalli va letto anche come insegnamento morale: la Legge divina modera non solo l’apparato militare del regno, ma soprattutto il cuore del re. Il cavallo, animale nobile ma impetuoso, simboleggia la forza che, se non domata, può travolgere. Accumulare cavalli poteva spingere il sovrano verso la superbia, l’eccesso, la guerra non necessaria, e il distacco dalla vita sobria e giusta voluta da DIO.

In un tempo in cui il prestigio di un regno si misurava anche dal numero di cavalli nelle scuderie reali, la Legge imponeva il contrario: contenimento, sobrietà, autocontrollo. Non è difficile vedere in questa antica norma un richiamo moderno: anche oggi, dove potere e successo si misurano in ricchezze, mezzi e visibilità, la vera autorità rimane quella guidata dalla coscienza e dall’equilibrio interiore.

La Vera Regalità: Obbedienza e Umiltà

La Legge di DIO si mostra così nella sua perfezione: non ignora il potere, ma lo incanala; non reprime l’autorità, ma la redime. Un re, secondo il disegno biblico, non è un despota che comanda al di sopra della Legge, bensì un servitore della Parola, modello di giustizia e temperanza. La proibizione di moltiplicare cavalli, oro o mogli (Deut 17:17) forma un unico filo conduttore: chi comanda deve essere il primo a essere comandato dalla Verità.

Questa prospettiva ricorre in tutte le fedi abramitiche: il vero re è colui che si sottomette a DIO, che governa per guidare, non per dominare. Nella storia del popolo di Israele, quei “dieci cavalli” che forse trainavano la carrozza del re diventano il limite sacro tra il necessario e il superfluo. Ed è lì che la Legge brilla di una luce superiore: non come un peso, ma come una maestra che modera, protegge e libera.

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