Isaia
Genere maschile
יְשַׁעְיָהוּ (ebraico antico)
Dal nome ebraico יְשַׁעְיָהוּ (Yesha’yahu) che significa “YHWH è la salvezza”, dalle radici יָשַׁע (yasha’) che significa “salvare” e יָה (yah) che si riferisce a DIO. Isaia è uno dei quattro profeti principali dell’Antico Testamento, l’autore del Libro di Isaia. Era originario di Gerusalemme e visse intorno il VIII secolo a.C., in un periodo in cui l’Assiria minacciava il Regno di Giuda.
All’interno del testo del Libro di Isaia, Isaia stesso è indicato come “il profeta” e l’opinione tradizionale è che tutti i 66 capitoli del libro di Isaia siano stati scritti da un solo uomo, Isaia, possibilmente in due periodi tra il 740 a.C. e il 686 a.C. circa, separati da circa 15 anni, e che il libro includa drammatiche dichiarazioni profetiche di Ciro il Grande nella Bibbia, che agisce per restaurare la nazione di Israele dalla cattività babilonese. Un’altra opinione molto diffusa è che parti della prima metà del libro (capitoli 1-39) abbiano avuto origine con il profeta storico, intervallate da commenti in prosa scritti al tempo del re Giosia un centinaio di anni dopo, e che il resto del libro risalga a subito prima e subito dopo la fine dell’esilio in Babilonia, quasi due secoli dopo il tempo del profeta storico.
Nell’Islam
Isaia, o il suo nome arabo أشعياء (traslitterato: Ishaʻyā’), non è menzionato per nome nel Corano o nell’Hadith, ma appare spesso come profeta nelle fonti islamiche, come Qisas Al-Anbiya e Tafsir. Tabari (310/923) fornisce il tipico resoconto delle tradizioni islamiche riguardanti Isaia.[NOTA 1] La narrazione di Isaia nella letteratura islamica può essere divisa in tre sezioni. La prima stabilisce Isaia come profeta di Israele durante il regno di Ezechia; la seconda riferisce le azioni di Isaia durante l’assedio di Gerusalemme da parte di Sennacherib; e la terza mette in guardia la nazione dalla rovina imminente. Parallelamente alla Bibbia ebraica la tradizione islamica afferma che Ezechia era re a Gerusalemme durante il tempo di Isaia. Ezechia ascoltò e obbedì ai consigli di Isaia, ma non riuscì a sedare le turbolenze in Israele. Questa tradizione sostiene che Ezechia era un uomo giusto e che le turbolenze peggiorarono dopo di lui. Dopo la morte del re, Isaia disse al popolo di non abbandonare DIO, e ammonì Israele a cessare dal suo persistente peccato e dalla disobbedienza.
Nelle corti di Al-Ma’mun, il settimo califfo abbaside, Ali al-Ridha, il pronipote di Maometto e importante studioso (Imam) della sua epoca, fu interrogato dall’alto rabbino ebreo per dimostrare attraverso la Torah che sia Gesù che Maometto erano profeti. Tra le sue diverse prove, l’Imam fa riferimento al Libro di Isaia, affermando: “Sha’ya (Isaia), il Profeta, ha detto nella Torah riguardo a ciò che voi e i vostri compagni dite: ‘Ho visto due cavalieri ai quali (Egli) ha illuminato la terra. Uno di loro era su un asino e l’altro su un cammello. Chi è il cavaliere dell’asino e chi è il cavaliere del cammello?”. Il rabbino non fu in grado di rispondere con certezza. Al-Ridha continua affermando che “Per quanto riguarda il cavaliere dell’asino, è ‘Isa (Gesù); e per quanto riguarda il cavaliere del cammello, è Muhammad, che DIO li benedica entrambi e la loro famiglia. Neghi che questa (dichiarazione) sia nella Torah?”. Il rabbino risponde: “No, non lo nego”[NOTA 2].
[NOTA 1] Jane Dammen McAuliffe Encyclopaedia of the Qurʾān Volume 2 Georgetown University, Washington DC p. 562-563
[NOTA 2] al-Qurashi, Baqir Shareef (2001). The life of Imam ‘Ali Bin Musa al-Ridha. Qum: Ansariyan Publications. p. 121. ISBN 978-9644383298.