U.N.E.S.C.O. approva risoluzione Gerusalemme est: ira di Israele

Adottato il controverso testo che aveva suscitato le proteste di Netanyahu. A indignare Israele la decisione di usare esclusivamente il nome islamico per riferirsi al complesso della moschea di Al-Aqsa, ignorando il termine ebraico Monte del Tempio. Secondo il premier israeliano, “è come dire che la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l’Egitto con le piramidi”. Minacce di morte a Irina Bokova, direttrice generale UNESCO, contraria al documento. Ucei: “Gravissima l’astensione dell’Italia”

PARIGI – L’UNESCO ha ufficialmente adottato una risoluzione su Gerusalemme est voluta dai Paesi arabi a nome della protezione del patrimonio culturale palestinese, ma contestata con veemenza da Israele perchè nega il legame millenario degli ebrei con la Città vecchia dove sorge il Muro del pianto, il luogo più sacro agli ebrei di tutto il mondo. Tra l’altro, nel testo presentato col fine di “tutelare il patrimonio culturale della Palestina e il carattere distintivo di Gerusalemme Est”, i luoghi santi della Città Vecchia sono indicati solo con il nome arabo, cosa che ha indignato gli israeliani.

Sostenuta dall’Autorità palestinese e presentata da Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan, la risoluzione era stata esaminata e votata giovedì scorso a Parigi dai 58 stati membri del consiglio esecutivo dell’organizzazione per la pace e la cultura dell’ONU. Oggi, al termine dei dibattiti, “è stata definitivamente adottata, senza bisogno di una seconda votazione”, così ha dichiarato un portavoce dell’agenzia culturale dell’ONU.

 

Il Muro del Pianto, il Tempio di Gerusalemme il luogo più Sacro per gli Ebrei.

Il Muro del Pianto, il Tempio di Gerusalemme il luogo più Sacro per gli Ebrei.

 

Il Messico cambia idea. Nella precedente consultazione il Messico si era espresso a favore della risoluzione, poi però aveva deciso di cambiare idea, annunciando l’intenzione di astenersi. Ciò non ha cambiato l’esito finale. La scorsa settimana il testo era stato approvato da 24 paesi e respinto da 6 (Usa, Germania, Gran Bretagna, Lituania, Estonia, Olanda). In 26 si sono astenuti (Italia compresa), mentre i rappresentanti di 2 nazioni non erano presenti al momento del voto. Nessun paese europeo aveva votato a favore. L’astensione tardiva del Messico è quindi servita a poco.

La protesta di Israele. Il testo della risoluzione era stato duramente criticato dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu e aveva portato all’interruzione della cooperazione dello Stato ebraico con l’agenzia ONU. La risoluzione parla di ‘Palestina occupata’ e critica la gestione israeliana dei luoghi santi nella Città Vecchia di Gerusalemme. A far infuriare gli israeliani, però, è stata in particolare la decisione di usare esclusivamente il nome islamico per riferirsi al complesso della moschea di Al-Aqsa, ignorando il termine ebraico Monte del Tempio. La zona, che riunisce anche il Muro del Pianto, parte del muro occidentale del Tempio ebraico distrutto dai romani, il luogo più sacro al mondo per gli ebrei, e la Spianata delle Moschee, il terzo luogo sacro musulmano, è da sempre fonte di grandissime tensioni. Dire che “Israele non ha connessioni con il Monte del Tempio e il Muro del Pianto è come dire che la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l’Egitto con le piramidi”, si era indignato Netanyahu.

Il vice ambasciatore palestinese all’UNESCO, Mounir Anastas, ha viceversa sottolineato che la risoluzione “ricorda a Israele che sono una potenza occupante a Gerusalemme Est e chiede di mettere fine alle sue violazioni”, compresi gli scavi archeologici intorno ai siti religiosi.

I precedenti. Non è la prima volta che l’UNESCO si trova al centro di polemiche: i Paesi arabi hanno più volte promosso risoluzioni per mettere sotto pressione Israele e i suoi alleati. Ad aprile scorso, è stato approvato un testo di condanna delle “aggressioni israeliane e delle misure illegali contro la libertà di culto e l’accesso dei musulmani alla Moschea di Al-Aqsa”, non citando il nome ebraico Monte del Tempio. Nel 2011, l’Autorità nazionale palestinese è stata ammessa tra i membri dell’UNESCO, atto che ha portato gli Stati Uniti a interrompere i finanziamenti all’agenzia.

Minacce alla direttrice Bokova, che aveva criticato il documento Michael Worbs, alla guida del comitato esecutivo dell’UNESCO, ha fatto sapere che avrebbe voluto più tempo per cercare un compromesso mentre la direttrice generale dell’Agenzia, Irina Bokova, aveva da subito preso le distanze dalla risoluzione, sottolineando che “nessun posto più di Gerusalemme è spazio condiviso di patrimonio e tradizioni per ebrei, cristiani e musulmani. La sua eredità è indivisibile e ciascuna delle sue comunita’ ha diritto al riconoscimento esplicito della propria storia e al rapporto con la città. Negare, nascondere o eliminare qualsiasi delle tradizioni ebraiche, cristiane o musulmane mina l’integrita’ del sito e contrasta con le ragioni che hanno giustificato la sua iscrizione nella lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO”. Parole che, secondo il Jerusalem Post, le hanno causato “minacce di morte”. La sua decisa presa di distanza non ha però cambiato di una virgola il testo finale della risoluzione.

Nomi arabi anche per luoghi della tradizione ebraica Il documento – che usa sempre la terminologia araba per definire luoghi chiamati in modo diverso da musulmani e ebrei – è in sostanza una denuncia delle violazioni degli accordi internazionali compiute – ad avviso dell’organismo dell’ONU – da parte israeliana per quanto riguarda lo Status Quo storico della spianata delle moschee, ancora formalmente sotto giurisdizione giordana.

La risoluzione si sofferma soprattutto su due aspetti: il fatto che gruppi della destra ebraica sempre più spesso si rechino sulla Spianata delle moschee (e non solo al Muro del Pianto), rivendicando il diritto a pregare sul ‘Monte del Tempio’, che sorgeva in quel luogo prima di essere distrutto dai romani nel 70 dopo Cristo. L’UNESCO deplora fermamente – si legge – “le continue irruzioni da parte di estremisti della destra israeliana e dell’esercito nella moschea di Al Aqsa e nell’ Haram al Sharif, e chiede a Israele, potenza occupante, di adottare  misure per prevenire provocazioni che violano la santità e l’integrità” della Spianata dello moschee. Secondo punto, il documento denuncia gli scavi fatti e le infrastrutture costruite unilateralmente dalle autorità israeliane nel complesso che riguarda anche la spianata delle Moschee, e agita “il crescendo di aggressioni e di misure illegali contro la libertà di preghiera dei musulmani nei loro luoghi santi”.

In sintesi, l’Unesco chiede a Israele di accettare il rispetto pieno dello Status Quo, concordato tra lo Stato ebraico e la Giordania dopo la guerra del ’67, che però dovrebbe garantire anche agli ebrei la possibilità di visitare la Spianata, ma non di pregare, riservando questo diritto ai soli musulmani. Secondo lo Status Quo, l’esclusiva autorità sulla Moschea di Al Aqsa e sulla spianata dell’Haram al Sharif spetta al dipartimento per gli affari religiosi giordano, il Waqf.  Lo Status quo – bisogna ricordare – venne di fatto messo in discussione dalla famosa passeggiata, nel settembre del 2000, di Ariel Sharon sulla spianata, che anticipava chi oggi rivendica il diritto degli ebrei a salire a pregare sul Monte del Tempio (come gli israeliani chiamano l’Haram al Sharif). Il documento dell’UNESCO definisce Israele “la potenza occupante” su Gerusalemme est. Un termine corretto da un punto di vista del diritto internazionale e delle risoluzioni ONU post 1967, ma che certo è indigeribile per le autorità israeliane, come anche l’intero tono accusatorio del documento.

Presidente Ucei: “Gravissima l’astensione dell’Italia”: “E’ gravissimo che questo accada senza l’opposizione dell’Italia, la cui politica estera non può certo essere dettata dal caso, dalla superficialità o, peggio ancora, dall’opportunismo. Non ci meravigliamo allora se il domani porta con sé atti e fatti di odio e sangue”. Così la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. “Tremila anni di storia, ebraica ma anche cristiana, cancellati con una decisione di chiaro stampo revisionistico e negazionistico. Questa risoluzione, che tratta in modo fuorviante anche l’identità di alcuni siti di Hevron e Betlemme, è un insulto all’intelligenza, alla decenza, alle battaglie che tante persone di buona volontà combattono ogni giorno per contrastare i professionisti dell’odio e della menzogna. Dando credito a questi malfattori e favorendo una vergognosa manipolazione politica che già vediamo in atto, l’UNESCO si pone fuori dalla storia e scrive, con pesanti responsabilità dell’Italia e gli altri Paesi astenuti e favorevoli, una delle pagine più gravi e al tempo stesso grottesche della storia dell’ONU”.

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