In prima linea uniti nella lotta contro il coronavirus

Per quanto difficili da affrontare possano risultare ai nostri occhi i tempi che stiamo affrontando, è cosa saggia riuscire a mantenere il volto sempre rivolto verso l’alto. Se guardi in direzione della luce impedisci al tuo stato d’animo di contemplare le ombre che si trovano a terra e che scuriscono i nostri animi. Più i telegiornali e i social si riempiono di cattive notizie, e più sembriamo spinti non solo a commentarle ma cosa peggiore a condividerle alimentando così il pessimismo dentro di noi e negli altri. È la speranza invece il sentimento che in queste situazioni va sempre sostenuto, e ieri un bel segnale ci è arrivato dalle strade di Israele dove medici ebrei e musulmani lavorano fianco a fianco per combattere non solo il COVID-19 ma anche gli inutili scismi radicati nella società.

Da quando è iniziata la crisi del coronavirus la vita dei medici, degli infermieri di chiunque lavora nel settore sanitario non ha concesso giorni di riposo, ma in Terra Santa la pausa per la preghiera è una prassi che dovrebbe ispirare e far riflettere anche molti Occidentali. Nella città meridionale di Beersheba, durante un turno di lavoro due medici sono scesi dall’ambulanza per pregare insieme, ognuno seguendo la propria tradizione, uno rivolto verso la Mecca e l’altro verso Gerusalemme, e notizia in poche ore ha fatto il giro del Mondo.

Il centro medico israeliano di Sheba, vicino alla città di Tel Aviv, è classificato tra i migliori al mondo e i suoi direttori affermano che la grande competenza di questo team è resa possibile proprio grazie alla collaborazione di assistenti arabi ed ebrei che lavorano uniti seppure in una società ancora segnata dalle divisioni interne. “Lavoriamo insieme al personale medico arabo ovunque e non solo in questi tempi del coronavirus. Non c’è differenza tra di noi”, ha dichiarato il vice direttore emerito di Sheba, Rafi Walden. La minoranza araba di Israele è la discendenza dei palestinesi che sono rimasti sulla loro terra dopo la creazione dello stato di nel 1948, ma quando si tratta di pregare non esiste una maggioranza e una minoranza. La foto dei due paramedici scattata da un collega nel bel mezzo della pandemia globale è diventata subito virale, raccogliendo migliaia di condivisioni sui social media e nelle news internazionali. “Il fatto che sia una cosa così semplice la rende anche così potente”. Credo che Zoher ed io (i due paramedici nella foto ndr) e la maggior parte del mondo comprendiamo bene che bisogna tenere alzata la testa e pregare. Questo è tutto ciò che ci resta”, così ha dichiarato Mintz alla CNN.

I due paramedici hanno pregato per circa 15 minuti prima di risalire a bordo dell’ambulanza e riprendere a lavorare. Sicuramente entrambi hanno paura del virus, ma ad ognuno di loro la fede dona una importante consapevolezza: tutto avviene per volontà di DIO. Insieme ce la faremo anche questa volta.

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