
TEHERAN, IRAN – 18 SETTEMBRE : Il comandante della Forza di Quds iraniana Qassem Soleimani partecipa all’incontro del leader supremo iraniano Ayatollah Ali Khamenei con il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) a Teheran, Iran, il 18 settembre 2016. (Foto di Pool / Ufficio stampa del leader supremo iraniano/Agenzia Anadolu/Agenzia Getty Images)
Il generale Qassem Soleimani, capo della Forza di Quds del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche d’elite dell’Iran (IRGC), è stato ucciso venerdì scorso a seguito di un raid aereo statunitense all’aeroporto internazionale di Baghdad.
La Casa Bianca e il Pentagono hanno confermato l’uccisione di Soleimani in Iraq, affermando che l’attentato è stato condotto sotto la direzione del presidente Usa Donald Trump e mirava a scoraggiare futuri attacchi presumibilmente pianificati dall’Iran.
In Iran è stato dichiarato un periodo di lutto nazionale di tre giorni in onore di Soleimani.
Fonti del PMF hanno riferito ad Al Jazeera che i razzi hanno distrutto due veicoli che trasportavano “ospiti di alto profilo”, arrivati all’aeroporto di Baghdad e scortati da membri della milizia. Secondo i primi rapporti, almeno altre dieci persone sono state uccise durante il raid.
Osama Bin Javaid di Al Jazeera, riporta da Baghdad che le morti sono un punto di svolta significativo in Iraq e in tutto il Medio Oriente. La regione già in subbuglio dopo l’attacco degli Stati Uniti alle forze del PMF vicino al confine tra Iraq e Siria, e le proteste all’ambasciata americana a Baghdad martedì.
“Questo è un duro colpo per le relazioni tra gli Stati Uniti e il governo iracheno”, ha detto Bin Javaid. “E’ una situazione molto precaria in cui si sta verificando questo significativo sviluppo”.
Perché è stato ucciso Qassem Soleimani, la reazione dell’Iran
Il generale Iraniano era già sopravvissuto a diversi tentativi di assassinio negli ultimi 20 anni, nonostante ultimamente gli sia stato riconosciuto il merito di aver aiutato i gruppi armati a sconfiggere lo Stato islamico (ISIL o ISIS).
Le tensioni tra Stati Uniti e Iran sono aumentate da quando Washington si è tirata fuori da un accordo nucleare di riferimento con Teheran l’anno scorso e ha iniziato a reimporre sanzioni punitive, ma nelle ultime settimane, queste tensioni sono aumentate.
Il 27 dicembre, un appaltatore americano è stato ucciso in un attacco missilistico in Iraq – che gli Usa hanno incolpato di aver appoggiato Kataib Hezbollah, una milizia appartenente alla PMF, sostenuta dall’Iran. Gli Stati Uniti hanno risposto il 29 dicembre prendendo di mira siti appartenenti a Kataib Hezbollah in Iraq e in Siria, uccidendo almeno 25 combattenti.

Il Generale Soleimani in preghiera.
Con la morte di Soleimani viene paradossalmente meno l’unica e ultima garanzia negoziale degli Stati Uniti con l’Iran, l’interlocuzione diretta di Washington con l’apparato della sicurezza di Teheran e, più in generale, con l’uomo che più di ogni altro aveva esperienza e visione sul piano regionale e globale. Era una vera e propria celebrità in Iran e uomo religioso sostenitore della teocrazia Nazionale, soprattutto in quelle fasce giovanili solitamente ostili alla classe politica e militare del paese, che considerano corrotta ed incapace.
Il generale aveva conquistato la sua definitiva celebrità poi nella lotta contro lo Stato Islamico in Iraq, precipitandosi a Baghdad nel 2015 nel momento più critico del consolidamento del Daesh ed evitando di fatto grazie al suo ruolo la caduta della stessa capitale nelle mani dei fondamentalisti islamici. Grazie alla creazione in breve tempo di milizie ben equipaggiate ed addestrate era riuscito ad avere la meglio sulle forze dello Stato Islamico, contribuendo significativamente alla sua sconfitta tanto in Siria quanto in Iraq.
Il 31 dicembre, una rara protesta si è svolta nel perimetro dell’ambasciata americana a Baghdad, un’area pesantemente fortificata, con manifestanti che simpatizzavano con il PMF o che appartenevano al PMF cercando di compiere atti vandalici contro l’ambasciata.
In una dichiarazione dopo l’assassinio, il Dipartimento della Difesa statunitense ha dichiarato che Soleimani stava sviluppando piani per attaccare diplomatici e militari americani in tutta la regione del Medio Oriente, accusando lui e la Forza di Quds per la morte di “centinaia di membri del servizio americano e della coalizione”, così come per la morte del 27 dicembre dell’appaltatore americano e per l’accesa protesta dell’ambasciata.
Gli appelli alla vendetta sono sempre più forti da parte dell’Iran, Soleimani era molto vicino al leader supremo, l’Ayatollah Khamenei ha detto in un comunicato diffuso dai media che: “Tutti i nemici devono sapere che la jihad (lotta) della resistenza continuerà con una doppia motivazione, e una vittoria definitiva attende i combattenti nella guerra santa”.
Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha twittato: “La grande nazione dell’Iran si vendicherà per questo crimine efferato.”
I leader mondiali e i gruppi internazionali hanno fatto appello alla moderazione. Mentre l’Iraq, la Siria e la Russia hanno condannato gli Usa per l’uccisione, la Turchia ha detto che Ankara “è sempre stata contraria agli interventi stranieri, agli assassinii e ai conflitti di faziosità nella regione”.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nel frattempo, ha detto che gli Stati Uniti hanno il diritto di difendersi uccidendo Soleimani.
Il Regno Unito ha chiesto un’azione di de-escalation, ma ha detto di aver “sempre riconosciuto la minaccia aggressiva rappresentata dalla forza iraniana Quds guidata da Qassem Soleimani”.
L’assassinio suscitata il grande timore di un conflitto militare tra Iran e Stati Uniti, che potrebbe verificarsi in paesi come Iraq e Siria.
Il Dipartimento della Difesa statunitense ha affermato nella sua dichiarazione che l’uccisione era “finalizzata a scoraggiare futuri piani d’attacco iraniani”, avvertendo che avrebbe preso “tutte le misure necessarie” per proteggere gli americani e gli interessi del Paese in tutto il mondo.
Un rapporto che citava funzionari anonimi degli Stati Uniti ha affermato che gli Stati Uniti invierebbero a brevissimo 3.000 truppe supplementari nella regione, mentre Teheran ha detto chiaramente che intende ottenere vendetta.