La versione dei Settanta (Septuaginta in latino, indicata anche, secondo la numerazione latina, con LXX o, secondo la numerazione greca, con la lettera omicron seguita da un apice O’), è la versione della Bibbia in lingua greca, che la lettera di Aristea vuole tradotta direttamente dall’ebraico da 72 saggi ad Alessandria d’Egitto; in questa città cosmopolita e tra le maggiori dell’epoca, sede della celebre Biblioteca d’Alessandria, si trovava un’importante e attiva comunità ebraica. Questa versione costituisce tuttora la versione liturgica dell’Antico Testamento per le chiese ortodosse orientali di tradizione greca. I Settanta non vanno confusi con le altre cinque o più versioni greche dell’Antico Testamento, la maggior parte delle quali ci sono arrivate in frammenti. Fra queste ricordiamo le versioni di Aquila, Simmarco e Teodozione presenti nell’opera di Origene, le Esapla.
L’origine della traduzione è narrata dalla Lettera di Aristea a Filocrate, oggi considerata un testo pseudoepigrafico della metà II secolo a.C. Secondo tale racconto, il sovrano egizio Tolomeo II Filadelfo[1] (regno 285-246 a.C.) commissionò personalmente alle autorità religiose del tempio di Gerusalemme una traduzione in greco del Pentateuco per la neonata biblioteca di Alessandria. Il sommo sacerdote Eleazaro nominò 72 eruditi ebrei, sei scribi per ciascuna delle dodici tribù di Israele (in alcune narrazioni successive semplificati a 70) che si recarono ad Alessandria e vennero accolti con grande calore dal sovrano. Stabilitisi nell’isola di Faro completarono la traduzione in 72 giorni grazie al loro lavoro comune. Sin qui Aristea.
La narrazione sulla traduzione si è poi modifica ed arricchita. In primis, già in ambiente giudaico, si diffuse la leggenda che i 72, separati nelle loro celle, avessero prodotto il medesimo testo in maniera indipendente. Solo al termine del lavoro, comparando fra loro le versioni, avrebbero constatato l’identicità delle rispettive traduzioni. Tale leggenda sorse, evidentemente, in ambienti che desideravano affermare il carattere ispirato della versione, probabilmente in opposizione alla tendenza palestinese di matrice farisaica a correggere il testo tradotto in direzione di quella forma ebraica che sarebbe stata poi accolta dal Rabbinato e a noi pervenuta nella redazione masoretica.
Il numero dei 72 traduttori è confermato anche da varie fonti rabbiniche, prima fra tutte la Megillah 9a-b del Talmud babilonese. Il Rabbinato conosce però anche una tradizione secondo cui i traduttori furono solamente cinque. Settanta sarebbero comunque i membri del Sinedrio (sanhedrin) che approvò la conformità fra testo tradotto ed originale.
Anche senza tenere conto delle successive evoluzioni narrative, già la Lettera di Aristea potrebbe contenere elementi leggendari: la congruenza tra i 72 traduttori e i 72 giorni impiegati per tradurre appare forzosa; poco verosimile sembra soprattutto la possibilità di reperire, in data così tarda, scribi esperti e bilingui fra tutte le dodici tribù (dieci delle tribù risultano difficili da tracciare già dopo la caduta del Regno d’Israele nel 722 a.C. e la conseguente deportazione degli abitanti in Mesopotamia).
È perciò più probabile che la Lettera sia stata composta nella seconda metà del II a.C. quando potrebbe avere cominciato ad affermarsi un testo stabile all’interno dei circoli farisaici, verosimilmente a causa della distruzione dei libri sacri avvenuta durante la ribellione provocata da Antioco IV Epifane in Palestina. Sarebbe per contrastare questa tendenza e la conseguente insoddisfazione con la versione greca che la Lettera sarebbe stata scritta. Essa sarebbe perciò preziosa per cogliere l’alta considerazione che la versione godeva presso una parte del giudaismo del Secondo Tempio. Si è costituito un certo consenso tra gli studiosi contemporanei, riguardo a una traduzione del Pentateuco in Alessandria d’Egitto sotto Tolomeo Filadelfo. La richiesta del re ellenistico e il contributo ‘dall’alto’ del tempio di Gerusalemme potrebbero essere una leggenda volta a conferire autorevolezza al testo. I Greci normalmente non erano interessati ai testi degli altri popoli, ed anche il caso parallelo e contemporaneo dell’egizio Manetone non pare essere stato suscitato dall’interessamento di Tolomeo. Tuttavia, la città di Alessandria ospitava un intero quartiere giudaico e non è del tutto inverosimile che il sovrano fosse interessato a conoscere la Legge che gli Ebrei seguivano. In tal caso il lavoro potrebbe essere stato realizzato da ebrei autoctoni di lingua greca per l’uso liturgico della nutrita comunità giudaica, ormai ellenofona, come per lo più confermato dalle coeve iscrizioni giudaiche in lingua greca reperite in situ. Secondo questa interpretazione, la traduzione sarebbe stata solo in seguito accolta nella celebre biblioteca.
Per la traduzione dei restanti libri, l’opera fu realizzata da una scuola di traduttori che si occupò del salterio, sempre ad Alessandria, verso il 185 a.C.; in seguito furono tradotti Ezechiele, i Dodici Profeti Minori e Geremia. Dopodiché vennero fatte le versioni dei libri storici (Giosuè, Giudici e i quattro libri dei Regni) e infine Isaia. Altri libri, Daniele, Giobbe e Siracide furono tradotti entro il 132 a.C. A parte il Pentateuco e il Salterio, di origine appunto alessandrina, vi sono incertezze sulla località in cui vennero tradotti gli altri libri. Si situa invece in Palestina nel I secolo a.C. la versione del Cantico dei Cantici, delle Lamentazioni, di Rut e Ester, poi quella dell’Ecclesiaste, certamente tardi nel I secolo d.C., in quanto più prossima alla tecnica di traduzione poi esibita da Aquila.
Manoscritti antichi
I più antichi manoscritti della LXX comprendono frammenti di Levitico e Deuteronomio, risalenti al II secolo a.C. (Rahlfs nn. 801, 819, e 957), e frammenti del I secolo a.C. di Genesi, Levitico, Numeri, Deuteronomio e Profeti Minori (Rahlfs nn. 802, 803, 805, 848, 942, e 943). Manoscritti relativamente completi della LXX sono il Codex Vaticanus e il Codex Sinaiticus del IV secolo e il Codex Alexandrinus del V secolo. Questi peraltro sono i manoscritti quasi completi più antichi dell’Antico Testamento: il testo ebraico completo più antico risale al 1008 (Codex Lenigradensis).
Differenza col Testo Masoretico
Differenze nel canone
Nella Versione dei Settanta troviamo anche dei libri non presenti nel canone ebraico definito nel I secolo d.C. e quindi col Testo masoretico, la versione più in uso presso gli ebrei.
I seguenti libri sono invece entrati nel canone cattolico e quindi riportati nelle versioni latine successive. Essi sono detti deuterocanonici dai cattolici e apocrifi dai protestanti, che per l’Antico Testamento seguono il canone ebraico.
- Giuditta
- Tobia (conservato nella Bibbia latina ma riscritto da Girolamo)
- Primo e Secondo libro dei Maccabei
- Sapienza di Salomone – Ultimo libro dell’Antico Testamento
- Sapienza di Siracide (Siracide o Ecclesiastico)
- Baruc
- Lettera di Geremia (conservato nella Bibbia latina come parte del libro di Baruc)
- Susanna (Daniele 13)
- Bel e il Drago (Daniele 14)
I seguenti libri invece non sono entrati nel canone cattolico e non sono pertanto presenti nelle versioni latine successive.
- Primo libro di Esdra
- Terzo e Quarto libro dei Maccabei
- Il breve salmo 151 in appendice ai 150 canonici
- Odi, con la Preghiera di Manasse
- Salmi di Salomone
Differenze nel testo
Oltre alla differenza ‘strutturale’ tra il canone ebraico e quello greco, nello specifico sono presenti moltissime differenze tra il Testo Masoretico e quello dei Settanta.[2]
Per spiegare tali varianti alcuni studiosi, forti del confronto tra le versioni dei Settanta, del Testo masoretico, della Bibbia samaritana e soprattutto dei Manoscritti biblici di Qumran, hanno ipotizzato che i Settanta non derivino da quello che oggi è il Testo Masoretico, ma da un testo ebraico pre-masoretico a noi non pervenuto.
Altri studiosi hanno ipotizzato che le varianti dei Settanta non siano da ricondurre a un testo sorgente diverso da quello masoretico ma ad altre cause, come errori degli scribi o modifiche volontarie o involontarie degli stessi. Queste diverse traduzioni sarebbero state originate anche dal fatto che i testi ebraici a disposizione dei traduttori greci erano solo consonantici (vocali e punteggiatura furono successivamente aggiunte dai masoreti), e dunque legittimamente aperti a più interpretazioni.
È impossibile optare in maniera univoca per una o l’altra delle due ipotesi. Un esame specifico delle diverse lezioni di un singolo testo controverso permetterà di volta in volta di stabilire se in quel singolo caso si ha a che fare con un testo sorgente diverso, un errore, una variazione volontaria o altro ancora.
Più specificamente, le differenze tra Testo Masoretico e Settanta sono identificabili in 6 categorie:
- Testo sorgente diverso per TM e LXX. In particolare per Geremia e Giobbe, il testo della LXX è più corto e i capitoli appaiono in un ordine diverso dal TM. Al contrario, per il libro di Ester il testo contenuto nella LXX è notevolmente più ampio di quello del TM; anche il libro di Daniele contiene alcuni versetti in più rispetto al TM. Citando un esempio in particolare, in Isaia 36,11 l’attuale TM legge ‘popolo’, mentre la LXX si riferisce a un singolo ‘uomo’ (anche se il significato non cambia). Tra i manoscritti biblici di Qumran è presente un rotolo ebraico di Isaia (1QIsaa) contenente la lettura ‘uomo’: non si tratta dunque di un errore di traduzione della LXX, ma di un manoscritto sorgente ebraico diverso da quello cristallizzatosi nell’attuale Testo Masoretico. Tuttavia, un esame complessivo dei manoscritti biblici di Qumran ha evidenziato un testo sostanzialmente fedele a quello masoretico: solo circa 5% delle discordanze LXX-TM è dovuto alla presenza di un testo premasoretico diverso da quello masoretico. In moltissimi casi relativi a tali discordanze, la LXX ha seguito il testo biblico contenuto nel Pentateuco Samaritano a discapito di quello ebraico ‘canonico’.
- Differenze di interpretazione del testo ebraico premasoretico (consonantico e privo di punteggiatura). P.es. in Salmi 23,6 (22,6 nella numerazione LXX) le consonanti ebraiche WShBTY possono essere vocalizzate in maniera diversa, dando origine sia alla lettura ‘e tornerò’ (TM) che ‘e il abitare’ (LXX), entrambe legittime.
- Ambiguità proprie dei termini originali ebraici. P.es. in Salmi 47,10 l’ebraico parla di maginne-‘eretz, che significa propriamente ‘scudi della terra’, termine insolito nell’ebraico biblico che viene pertanto inteso dalla LXX come una metafora per uomini armati, dunque ‘forti, prodi della terra’.
- Alterazioni volontarie di stile, relative a motivazioni di stile o a esplicazioni di metafore. P.es. in Salmi 1,4 il testo greco della LXX presenta una ripetizione di ‘non così’, assente nel TM ma metricamente più corretta. Ancora, nella versione ebraica di Daniele 11,5 seguenti si parla metaforicamente di re del Nord e del Sud, che nella LXX vengono esplicitati come rispettivamente il re d’Assiria e il re d’Egitto.
- Alterazioni volontarie di senso dovute all’attesa messianico-escatologica, particolarmente viva nei secoli precedenti la nascita di Cristo, che portò più traduttori della LXX o copisti successivi a sovrainterpretare e modificare alcuni passi. P.es.:
- in Isaia 7,14 il termine ebraico ‘almah, giovane donna, venne reso col greco parthènos, vergine;
- in Isaia 53,8 il termine ebraico dor, generazione (di coetanei, passati presenti o futuri), venne reso con geneà, indicante non solo la generazione ‘collettiva’ ma anche l’atto della nascita, donde il senso complessivo: “la nascita di lui chi potrà narrarla?”;
- in Salmi 16,10 (15,10 LXX) shàhat, sepolcro, divenne diafthoràn, corruzione: “non farai vedere al santo di te la corruzione”;
- in Salmi 40,7 (39,7 LXX) “gli orecchi scavasti a me”, fu tradotto in greco con “un corpo (soma) preparasti a me” (anche se alcuni testimoni greci leggono correttamente otia, orecchi).
- Errori involontari dei copisti della LXX, presenti in qualunque tradizione manoscritta.
Diffusione e uso
Sono stati diversi i fattori che hanno spinto gli ebrei ad abbandonare l’uso della LXX, fra i quali il fatto che gli scribi greci non erano soggetti alle stesse regole rigide imposte a quelli ebrei; inoltre, l’uso cristiano di questa versione, ed il conseguente disappunto giudaico, diedero luogo a nuove traduzioni greche sostitutive: già nel I secolo la Settanta non viene più menzionata nel mondo ebraico. Oltre a questo, un graduale declino della conoscenza del greco fra gli ebrei fece preferire a poco a poco i manoscritti ebraici/aramaici compilati dai masoreti, oppure le autorevoli traduzioni aramaiche come quella di Onkelos, di rabbi Yonasan ben Uziel e il Targum Yerushalmi.
La Chiesa cristiana primitiva continuò ad utilizzare la LXX, in quanto molti dei suoi primi aderenti erano di madrelingua greca e poiché i brani messianici erano più chiaramente riferibili a Cristo nella versione greca. Quando Girolamo cominciò a tradurre la Bibbia in latino nella versione che sarebbe diventata la Vulgata, inizialmente utilizzò la LXX, usando il testo ebraico come controllo e verifica. Alla fine finì però per tradurre la maggior parte dell’Antico Testamento direttamente dall’ebraico.
Gli scrittori del nuovo Testamento, anch’esso redatto in greco, erano soliti citare frequentemente i Settanta quando riportavano profezie e brani dall’Antico Testamento. La Chiesa ortodossa orientale utilizza tuttora i Settanta come base per le traduzioni in lingua moderna e la Chiesa ortodossa greca (che non ha necessità di traduzione) usa i Settanta nella sua liturgia. Le traduzioni fatte da studiosi cattolici, pur basandosi sul testo masoretico, utilizzano i Settanta per scegliere fra possibili varianti quando il testo ebraico è ambiguo, corrotto o poco chiaro.
Lingua
Il greco della LXX contiene molti semitismi, idiomatismi errati e frasi di origine ebraica, e spesso si trova il fenomeno grammaticale noto come “attrazione”. Alcune parti di essa sono state descritte come “ebraico con parole greche”. Altre sezioni però mostrano un’ignoranza della lingua ebraica, e quindi una traduzione letterale che ha poco senso. La traduzione del Pentateuco è molto simile all’ebraico, mentre altri libri, come quello di Daniele, mostrano un influsso del midrash. L’Ecclesiaste è quasi iperletterale, mentre la traduzione di Isaia è generalmente più libera; questo fatto viene citato come evidenza quasi certa che la traduzione sia stata in realtà fatta da persone distinte.
I traduttori generalmente hanno usato una singola parola greca per ciascuna occorrenza di una singola parola ebraica; i Settanta possono essere pertanto definiti una traduzione per la maggior parte concordante, anche se però l’opposto non è vero: spesso più di una parola ebraica viene resa con lo stesso termine greco, perdendo alcune sfumature del testo.
Antiche parole greche assumono nuovi significati semantici: ad esempio “giustizia”, utilizzato per indicare l’intervento salvifico di Dio.
Elenco dei libri
ΓΕΝΕΣΙΣ | Genesi |
ΕΞΟΔΟΣ | Esodo |
ΛΕΥΙΤΙΚΟΝ | Levitico |
ΑΡΙΘΜΟΙ | Numeri |
ΔΕΥΤΕΡΟΝΟΜΙΟΝ | Deuteronomio |
ΙΗΣΟΥΣ ΝΑΥΗ | Giosuè, il figlio di Nun |
ΚΡΙΤΑΙ | Giudici |
ΡΟΥΘ | Rut |
ΒΑΣΙΛΕΙΩΝ Α´ | I Re (1 Samuele) |
ΒΑΣΙΛΕΙΩΝ Β´ | II Re (2 Samuele) |
ΒΑΣΙΛΕΙΩΝ Γ´ | III Re (1 Re) |
ΒΑΣΙΛΕΙΩΝ Δ´ | IV Re (2 Re) |
ΠΑΡΑΛΕΙΠΟΜΕΝΩΝ Α´ | I Omissioni (1 Cronache) |
ΠΑΡΑΛΕΙΠΟΜΕΝΩΝ Β´ | II Omissioni (2 Cronache) |
ΕΣΔΡΑΣ Α´ | I Esdra |
ΕΣΔΡΑΣ Β´ | II Esdra (Esdra) |
ΝΕΕΜΙΑΣ | Neemia |
ΤΩΒΙΤ | Tobia (omesso nel canone ebraico) |
ΙΟΥΔΙΘ | Giuditta (omesso nel canone ebraico) |
ΕΣΘΗΡ | Ester |
ΜΑΚΚΑΒΑΙΩΝ Α´ | I. Maccabei (omesso nel canone ebraico) |
ΜΑΚΚΑΒΑΙΩΝ Β´ | II. Maccabei (omesso nel canone ebraico) |
ΜΑΚΚΑΒΑΙΩΝ Γ´ | III. Maccabei (omesso nel canone ebraico) |
ΜΑΚΚΑΒΑΙΩΝ Δ´ | IV. Maccabei (canone ortodosso) (omesso nel canone ebraico) |
ΨΑΛΜΟΙ | Salmi (compreso il Salmo 151. Inoltre, la numerazione dei LXX degli altri salmi è leggermente diversa da quella masoretica) |
ΙΩΒ | Libro di Giobbe |
ΩΔΑΙ (con ΠΡΟΣΕΥΧΗ ΜΑΝΑΣΣΗ) | Odi (con la preghiera di Manasse) (Spesso omesso nel canone ortodosso) (omesso nel canone ebraico) |
ΠΑΡΟΙΜΙΑΙ | Libro dei proverbi |
ΕΚΚΛΗΣΙΑΣΤΗΣ | Qoelet (Ecclesiaste) |
ΑΣΜΑ | Cantico di Salomone |
ΣΟΦΙΑ ΣΑΛΩΜΩΝ | Sapienza di Salomone (omesso nel canone ebraico) |
ΣΟΦΙΑ ΣΕΙΡΑΧ | Sapienza del figlio di Sirah (Ecclesiastico) (omesso nel canone ebraico) |
ΨΑΛΜΟΙ ΣΟΛΟΜΩΝΤΟΣ | Salmi di Salomone |
ΩΣΗΕ | Osea |
ΑΜΩΣ | Amos |
ΜΙΧΑΙΑΣ | Michea |
ΙΩΗΛ | Gioele |
ΟΒΔΙΟΥ | Abdia |
ΙΩΝΑΣ | Giona |
ΝΑΟΥΜ | Naum |
ΑΜΒΑΚΟΥΜ | Abacuc |
ΣΟΦΟΝΙΑΣ | Sofonia |
ΑΓΓΑΙΟΣ | Aggeo |
ΖΑΧΑΡΙΑΣ | Zaccaria |
ΜΑΛΑΧΙΑΣ | Malachia |
ΗΣΑΙΑΣ | Isaia |
ΙΕΡΕΜΙΑΣ | Geremia |
ΒΑΡΟΥΧ | Libro di Baruc (omesso nel canone ebraico) |
ΘΡΗΝΟΙ | Lamentazioni di Geremia |
ΕΠΙΣΤΟΛΗ ΙΕΡΕΜΙΟΥ | Lettera di Geremia (omesso nel canone ebraico) |
ΙΕΖΕΚΙΗΛ | Ezechiele |
ΣΩΣΑΝΝΑ | Susanna (omesso nel canone ebraico) |
ΔΑΝΙΗΛ (con ΤΩΝ ΤΡΙΩΝ ΠΑΙΔΩΝ ΑΙΝΕΣΙΣ) | Daniele (con la preghiera di Azaria e il cantico dei tre giovani, parti omesse nel canone ebraico) |
ΒΗΛ ΚΑΙ ΔΡΑΚΩΝ | Bel e il Drago (omesso nel canone ebraico) |
Analisi testuale
Gli studiosi moderni ritengono che i LXX siano stati scritti tra il III e il I secolo a.C. Ma quasi tutti i tentativi di datazione di libri specifici, ad eccezione del Pentateuco (dall’inizio alla metà del III secolo a.C.), sono incerti e senza consenso.
Le revisioni e le recensioni successive ebraiche del greco contro l’ebraico sono ben attestate, le più famose delle quali includono i Tre: Aquila (128 CE), Symmachus, e Theodotion. Questi tre, in misura diversa, sono interpretazioni più letterali delle loro scritture ebraiche contemporanee rispetto al greco antico. Gli studiosi moderni considerano uno o più dei “tre” come versioni greche totalmente nuove della Bibbia ebraica.
Intorno al 235 d.C., Origene, uno studioso cristiano di Alessandria, completò l’Hexapla, un confronto completo delle versioni antiche e del testo ebraico fianco a fianco in sei colonne, con segni diacritici (detti anche “segni dell’editore”, “segni critici” o “segni aristarchiani”). Gran parte di questo lavoro è andato perduto, ma sono disponibili diverse compilazioni dei frammenti. Nella prima colonna c’era l’ebraico contemporaneo, nella seconda una traslitterazione greca di esso, poi le versioni greche più recenti, ciascuna nella propria colonna. Origene teneva anche una colonna per il greco antico (la Septuaginta) e accanto ad essa c’era un apparato critico che combinava letture da tutte le versioni greche con segni diacritici che indicavano a quale versione apparteneva ogni riga (Gr. στίχος). Forse la voluminosa Hexapla non fu mai copiata nella sua interezza, ma il testo combinato di Origene (“la quinta colonna”) fu copiato frequentemente, alla fine senza i segni di correzione, e il più vecchio testo non combinato dei LXX fu trascurato. Così questo testo combinato divenne la prima grande recensione cristiana dei LXX, spesso chiamata la recensione Hexaplar. Nel secolo successivo a Origene, altre due grandi recensioni furono identificate da Girolamo, che le attribuì a Luciano ed Esichio.
Manoscritti
I più antichi manoscritti della LXX includono frammenti del II secolo a.C. del Levitico e del Deuteronomio (Rahlfs nn. 801, 819, e 957), e frammenti del I secolo a.C. di Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, e dei Profeti minori (Alfred Rahlfs nn. 802, 803, 805, 848, 942, e 943). I manoscritti relativamente completi dei LXX sono posteriori alla risurrezione di Hexaplar e comprendono il Codex Vaticanus del IV secolo CE e il Codex Alexandrinus del V secolo. Questi sono infatti i più antichi manoscritti quasi completi sopravvissuti dell’Antico Testamento in qualsiasi lingua; i più antichi testi ebraici completi esistenti risalgono a circa 600 anni dopo, alla prima metà del X secolo. Anche il Codex Sinaiticus del IV secolo sopravvive parzialmente, e contiene ancora molti testi dell’Antico Testamento. Mentre ci sono differenze tra questi tre codici, il consenso degli studiosi oggi ritiene che una LXX – cioè la traduzione originale precristiana – sia alla base di tutti e tre. Le varie revisioni e recensions ebraiche e cristiane successive sono in gran parte responsabili della divergenza dei codici. e traduzione interlineare.
Differenze con la Vulgata latina e il testo masoretico
Le fonti delle molte differenze tra la Septuaginta, la Vulgata latina e il testo masoretico sono state a lungo discusse dagli studiosi. Dopo il Rinascimento, un’opinione comune tra alcuni umanisti era che i traduttori dei LXX avessero pasticciato nella traduzione dall’ebraico e che i LXX fossero diventati più corrotti col tempo. L’opinione più ampiamente accettata oggi è che la Septuaginta originale abbia fornito una registrazione ragionevolmente accurata di una prima variante testuale ebraica che differiva dall’antenato del testo masoretico così come da quelli della Vulgata latina, dove entrambi questi ultimi sembrano avere un patrimonio testuale più simile. Questo punto di vista è supportato da confronti con testi biblici trovati nell’insediamento esseno di Qumran (i Rotoli del Mar Morto).
Nonostante questi problemi, il testo dei LXX è generalmente vicino a quello dei Masoreti e della Vulgata. Per esempio, Genesi 4:1-6 è identico in entrambi i LXX, la Vulgata e il Testo Masoretico. Allo stesso modo, Genesi 4:8 fino alla fine del capitolo è lo stesso. C’è solo una differenza evidente in quel capitolo, a 4:7, cioè:
οὐκ ἐὰν ὀρθῶς προσενέγκῃς, ὀρθῶς δὲ μὴ διέλῃς, ἥμαρτες; ἡσύχασον· πρὸς σὲ ἡ ἀποστροφὴ αὐτοῦ, καὶ σὺ ἄρξεις αὐτοῦ.
Se offri in modo corretto, ma non dividete in modo corretto, non avete forse peccato? Fermati; il suo appello è a te, e tu lo controllerai. |
הֲלוֹא אִם תֵּיטִיב שְׂאֵת וְאִם לֹא תֵיטִיב לַפֶּתַח חַטָּאת רֹבֵץ וְאֵלֶיךָ תְּשׁוּקָתוֹ וְאַתָּה תִּמְשָׁל בּוֹ:
Non è forse vero che se migliorate, vi sarà perdonato? Se non migliori, invece, all’entrata, il peccato sta mentendo, e a te è il suo desiderio, ma tu potrai dominarlo. |
nonne si bene egeris recipes sin autem male statim in foribus peccatum aderit sed sub te erit appetitus eius et tu dominaberis illius
Se fai bene, non lo riceverai? ma se fai male, il peccato non sarà subito presente alla tua porta? Ma la sua brama sarà sotto di te, tu avrai il dominio su di questa. |
Questo caso illustra la complessità di valutare le differenze tra la LXX e il Testo Masoretico e la Vulgata. Nonostante l’impressionante divergenza di significato tra la Settanta e i testi successivi, è possibile ricostruire testi di partenza ebraici consonantici quasi identici. Le differenze semantiche immediatamente evidenti derivano da strategie alternative per interpretare il difficile verso e si riferiscono a differenze nella vocalizzazione e nella punteggiatura del testo consonantico.
Le differenze tra la LXX e la MT rientrano quindi in quattro categorie.
- Fonti ebraiche diverse per la MT e la LXX. La prova di questo può essere trovata in tutto l’Antico Testamento. Le più ovvie sono le grandi differenze in Geremia e Giobbe, dove i LXX sono molto più brevi e i capitoli appaiono in un ordine diverso rispetto alla MT, ed Ester dove quasi un terzo dei versi nel testo dei LXX non ha un parallelo nella MT. Un esempio più sottile può essere trovato in Isaia 36,11; il significato alla fine rimane lo stesso, ma la scelta delle parole evidenzia un testo diverso. La MT legge “…al tedaber yehudit be-‘ozne ha`am al ha-homa” [non parlare la lingua giudea alle orecchie della (o che può essere udita dalla) gente sul muro]. Lo stesso versetto nei LXX recita, secondo la traduzione di Brenton, “e non parlarci nella lingua giudaica; e perché parli agli orecchi degli uomini sul muro”. La MT legge “popolo” mentre la LXX legge “uomini”. Questa differenza è molto minore e non influenza il significato del verso. Gli studiosi un tempo avevano usato discrepanze come questa per sostenere che i LXX erano una cattiva traduzione dell’originale ebraico. Con la scoperta dei Rotoli del Mar Morto, sono state trovate varianti dei testi ebraici della Bibbia. Infatti questo versetto si trova a Qumran (1QIsaa) dove la parola ebraica “haanashim” (gli uomini) si trova al posto di “haam” (il popolo). Questa scoperta, e altre simili, dimostrarono che anche differenze di traduzione apparentemente minori potevano essere il risultato di testi di origine ebraica varianti.
- Differenze di interpretazione che derivano dallo stesso testo ebraico. Un buon esempio è Genesi 4,7, mostrato sopra.
- Differenze come risultato di problemi di traduzione idiomatica (cioè un idioma ebraico può non essere facilmente tradotto in greco, quindi qualche differenza è intenzionalmente o involontariamente impartita). Per esempio, nel Salmo 47:10 la MT legge “Gli scudi della terra appartengono a Dio”. La LXX legge “A DIO appartengono i potenti della terra”. La metafora “scudi” non avrebbe avuto molto senso per un parlante greco; così le parole “potenti” sono sostituite per mantenere il significato originale.
- Cambiamenti di trasmissione in ebraico o in greco (Cambiamenti revisionali/recensionali divergenti ed errori dei copisti)
Rotoli del Mar Morto
I manoscritti biblici trovati a Qumran, comunemente noti come i Rotoli del Mar Morto (DSS), hanno sollecitato confronti tra i vari testi associati alla Bibbia ebraica, compresa la Septuaginta. Peter Flint cita Emanuel Tov, l’editore capo dei rotoli, che identifica cinque grandi categorie di variazione dei testi DSS:
- Proto-Masoretico: Consiste in un testo stabile e in numerosi e distinti accordi con il Testo Masoretico. Circa il 60% dei rotoli biblici rientrano in questa categoria (es. 1QIsa-b)
- Pre-Septuaginta: Questi sono i manoscritti che hanno affinità distintive con la Bibbia greca. Questi sono solo il 5% circa dei rotoli biblici, per esempio, 4QDeut-q, 4QSam-a, e 4QJer-b, 4QJer-d. Oltre a questi manoscritti, molti altri condividono letture individuali distinte con la Septuaginta, anche se non rientrano in questa categoria.
- La “Bibbia vivente” di Qumran: Questi sono i manoscritti che, secondo Tov, sono stati copiati secondo la “pratica di Qumran” (cioè con una lunga ortografia e morfologia distintiva, frequenti errori e correzioni, e un approccio libero al testo. Tali rotoli comprendono circa il 20% del corpus biblico, compreso il Grande Rotolo di Isaia (1QIsa-a):
- Pre-Samaritani: Si tratta di manoscritti DSS che riflettono la forma testuale che si trova nel Pentateuco Samaritano, anche se la stessa Bibbia Samaritana è più tarda e contiene informazioni che non si trovano in questi rotoli precedenti, (ad esempio, la Montagna Sacra di Dio a Sichem piuttosto che a Gerusalemme). I testimoni di Qumran – che sono caratterizzati da correzioni ortografiche e armonizzazioni con testi paralleli altrove nel Pentateuco – costituiscono circa il 5% dei rotoli biblici. (es. 4QpaleoExod-m)
- Non allineati: Questa è una categoria che non mostra alcun allineamento coerente con nessuno degli altri quattro tipi di testo. Questi sono circa il 10% dei rotoli biblici e comprendono 4QDeut-b, 4QDeut-c, 4QDeut-h, 4QIsa-c e 4QDan-a.
Le fonti testuali presentano una varietà di letture. Per esempio, Bastiaan Van Elderen confronta tre varianti di Deuteronomio 32:43, il Cantico di Mosè.
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I Rotoli del Mar Morto, con la loro connessione al 5% con la Septuaginta, forniscono informazioni significative per gli studiosi che studiano il testo greco della Bibbia ebraica.
Referenze
- Bart D. Ehrman. The New Testament: A Historical Introduction to the Early Christian Writings; 608 pages, Oxford University Press (July, 2011); ISBN 978-0-19-975753-4
- W. Emery Barnes, On the Influence of Septuagint on the Peshitta, JTS 1901, pp. 186–197.
- “Septuagint”. Dictionary. Merriam-Webster. Retrieved April 7, 2018.
- Beckwith, Roger T. (2008). The Old Testament Canon of the New Testament Church. Eugene, Oregon: Wipf and Stock Publishers. pp. 382, 383.
- Mulder, M. J. (1988). Mikra : text, translation, reading, and interpretation of the Hebrew Bible in ancient Judaism and early Christianity. Phil.: Van Gorcum. p. 81. ISBN 978-0800606046