Melchisedec (Melchizedek o Malki-tzédek מַלְכִּי־צֶדֶק / מַלְכִּי־צָדֶק “Il mio Re è giusto”, ebraico Standard Malki-ẓédeq / Malki-ẓádeq), a volte scritto Malchizedek, Melchisedech, Melchisedek, Melchisedeq o Melkisedek, è una figura di rilevante importanza e allo stesso tempo misteriosa nell’Antico Testamento (Tanakh o Bibbia Ebraica).
Nella Bibbia è identificato come Re del regno di Salem (che si ritiene fosse l’antica Gerusalemme) e come Sacerdote del DIO Altissimo (Elyon, Elohim)
Secondo l’esegesi Ebraica si tratta di Shem, figlio del Patriarca Noè.
Melchisedec nelle sacre scritture
Melchisedec nell’Antico Testamento
L’Antico Testamento riporta due brani importanti nel primo Libro della Genesi in cui si definisce Melchisedec. Nel primo, Melchisedec è un Re e un Sacerdote, una figura comunque umana. Nel secondo passo Melchisedec è un Sacerdote eterno.
La Legge Mosaica vietò ai Re di Israele di essere anche Sommi Sacerdoti, compito riservato ai Leviti (la classe Sacerdotale), con una provata discendenza (Neemia 7:61-65). Tuttavia, DIO nomina Re Davide, quale Sommo Sacerdote alla maniera di Melchisedek (Genesi 14:18-20; Salmo 110:4).
Il salmo 110 viene citato da San Paolo secondo la tradizione Cristiana nelle Lettera agli Ebrei Capitolo 9, con un secondo significato profetico, oltreché storico. Il Sacerdote ordinato dal SIGNORE secondo Melchisedek non è solo Re Davide (che trascrisse il Salmo), ma anche Gesù Cristo, suo discendente (identificato come “Germoglio di Davide”, e “Leone della tribù di Giuda”).
Nella Genesi
La figura di Melchisedec appare nel libro della Genesi 14,18:
17 Quando Abram fu di ritorno, dopo la vittoria su Chedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sodoma gli uscì incontro nella Valle di Save, cioè la Valle del re. 18 Intanto Melchisedec, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del DIO Altissimo 19 e benedisse Abramo con queste parole: “Sia benedetto Abramo dal DIO Altissimo, Creatore del Cielo e della Terra, 20 e benedetto sia il DIO Altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici“. Abramo gli diede la decima di tutto.
Abramo, patriarca degli Ebrei, dei Cristiani e dei Musulmani, rispettava così tanto il Re Melchisedec, che offrì la decima parte dei suoi grandi averi, nonostante Melchisedec non sembri una figura legata esclusivamente a DIO, quasi indipendente dai legami terreni e quindi dal popolo Ebraico.
Il secondo punto in cui si parla di Melchisedec nell’Antico Testamento è nel Salmo 110 (Dixit Dominus), in cui si prefigura la venuta di una figura Messianica destinata ad esercitare il giudizio di DiIO, che sarà sacerdote eterno in modo analogo a Melchisedec.
Dice il SIGNORE al mio Signore: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il SIGNORE da Sion: «Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, prima della luce, Io ti ho generato». Il SIGNORE ha giurato e non si pente: «Tu sei Sacerdote per sempre al modo di Melchisedec». Il SIGNORE è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira. Giudicherà i popoli: in mezzo a cadaveri ne stritolerà la testa su vasta terra. Lungo il cammino si disseta al torrente e perciò solleva alta la testa. Salmo 110.
Nel Secondo libro di Enoch
Oltre che nei Libri canonici, Melchisedec appare anche nel Secondo libro di Enoch, un Testo apocrifo dell’Antico Testamento. Questo libro contiene una parte detta Esaltazione di Melchisedec, in cui si racconta la nascita di Melchisedec da una donna sterile e anziana di nome Sofonima (o Soponima). Essa era moglie di Nir, un fratello di Noè, ed era rimasta incinta miracolosamente, perché il marito non aveva rapporti con lei da lungo tempo, in quanto era stato nominato Sacerdote. La donna morì prima di mettere al mondo il figlio, ma prima che Nir la seppellisse, Melchisedec venne fuori dal corpo della madre, essendo fisicamente sviluppato come un bambino di tre anni e capace di parlare e pregare DIO. Dopo 40 giorni, l’arcangelo Gabriele comparve a Nir e gli disse che avrebbe portato il bambino nel Giardino dell’Eden; Melchisedec fu così preservato dal Diluvio universale, in modo da poter tornare sulla Terra a tempo debito. Nir morì il giorno dopo che il bambino fu portato via da Gabriele.
Melchisedec precursore del cristianesimo
È significativo che Melchisedec abbia offerto pane e vino al SIGNORE, come fece anche Gesù Cristo nell’ultima cena istituendo l’eucaristia secondo i Vangeli. Melchisedec assunse un posto primario nel pensiero monoteistico e cristiano: egli è l’archetipo (figura) che precede Gesù, nelle sue funzioni di Sacerdote (Gesù Cristo viene definito nella lettera agli Ebrei “Sacerdote in eterno dell’Ordine di Melchisedec”) e anche per indicare la seconda venuta del Messia che ritorna come Re dei re, cioè Re in eterno secondo l’ordine di Melchisedec.
Melchisedec nella preghiera eucaristica cattolica
Melchisedec è ricordato nel canone della Liturgia Cristiana durante l’Anamnesi come preghiera per accettare il sacrificio, come quelli di Abele e Abramo.
Latin: “Supra quæ propítio ac seréno vultu respícere dignéris: et accépta habére, sicúti accépta habére dignátus es múnera púeri tui iusti Abel, et sacrifícium Patriárchæ nostri Abrahæ: et quod tibi óbtulit summus sacérdos tuus Melchísedech, sanctum sacrifícium, immaculátam hóstiam”
Melchisedec nei Vangeli
Non vi sono riferimenti diretti a Melchisedec nel nuovo testamento, ma esiste un riferimento indiretto: Gesù cita in Matteo 22,41-45 il Salmo 110, uno dei rarissimi passi dell’Antico Testamento in cui si parla di Melchisedec e fornisce la sua interpretazione delle qualità fondamentali che deve possedere il Messia (sottintendendo che queste qualità si applicano a se stesso): Gesù nell’ultima Cena (Mc.I4,22), spezza il pane e mesce il vino alla maniera di Melchisedec, Genesi, XIV,I8; seguendo il Salmo 110,4: Il SIGNORE ha giurato e non si pente: “Tu sei Sacerdote in eterno al modo di Melchìsedek”. Manifestando interiormente, con l’Eucaristia, il sacrificio del sacerdote levitico. Subito dopo, Gesù si unisce agli Apostoli intonando la prima parte dell’Hallel della Pasqua ebraica, Salmi CXII – CXII, e infine dell’agape con la seconda parte dei Salmi CXIV-CXVII. Evidente una correlazione tra il pane e il vino di Melchisedec e l’ultima Cena di Gesù, che aderente alle “Scritture” apre all’Eucaristia.
Melchisedec nelle Lettere del Nuovo Testamento
Nella lettera agli Ebrei si afferma che il sacerdozio di Gesù è di tipo diverso rispetto al sacerdozio ebraico, che era ereditario e riguardava i discendenti di Aronne e i Leviti, e senza giuramento a DIO. Diversamente, Gesù è il Germoglio di Davide e il Leone della tribù di Giuda (Apocalisse 5:1), divenuto Sommo Sacerdote eterno alla maniera di Melchisedec (Ebrei, 7:17) per merito di una vita indiffetibile e per giuramento. Egli è sommo sacerdote di beni futuri:
« Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda. Essa infatti è una figura per il tempo attuale, offrendosi sotto di essa doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, l’offerente, trattandosi solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni umane, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate. Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. » |
(Ebrei 9:8-12) |
Ebrei 7,1-4 – Questo Melchisedec infatti, re di Salem, sacerdote del DIO Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dalla sconfitta dei re e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche re di Salem, cioè re di pace. Egli è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di DIO e rimane sacerdote in eterno. Considerate pertanto quanto sia grande costui, al quale Abramo, il patriarca, diede la decima del suo bottino.
Ebrei 7,14-17 – È noto infatti che il Signore nostro è germogliato da Giuda e di questa tribù Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. Ciò risulta ancor più evidente dal momento che, a somiglianza di Melchisedec, sorge un altro Sacerdote, che non è diventato tale per ragione di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile. Gli è resa infatti questa testimonianza: Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchisedec.
Ebrei 7,22-24– Per questo, Gesù è diventato garante di un’Alleanza nuova. Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo; egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.
La contrapposizione del sacerdozio Levitico e di Melchisedek è solo storica in ordine ad un fine comune di salvezza umana: entrambi versano la decima ad Abramo. Fatto insolito, la stessa lettera inizia con la traduzione di Melchisedek e di Salem: re di Giustizia, re di Pace.
Etimologia
Melchisedec, ovvero Malkî-tzèdeq, secondo l’Ebraico del Testo Masoretico di Genesi 14, 18, potrebbe derivare da:
- “Il mio re è Giustizia“, infatti mèlekh (MLK),”re”, con il suffisso possessivo di prima persona -î (Y) diventa malkî e significa “mio re”, mentre tzèdeq (TzDQ) vuol dire “giustizia” e la copula è omessa (cfr. Brown-Driver-Briggs, p. 575; Ricciotti, Storia d’Israele I, 130);
- “Re di giustizia” (come il sanscrito dharmarâja), se si interpreta la -î non come suffisso possessivo bensì come littera compaginis (cfr. Joüon, 93m; Scerbo 56).
- L’interpretazione è assai dubbia, lo Zorell per esempio non dà il significato, e i filologi sono incerti.
- Parecchi interpretano tzèdeq come il nome di una divinità (p. es. Brown-Driver-Briggs: “my king is Tzedeq”; Testa, Genesi, p. 179: “re cananeo, protetto dal dio Tzèdeq“); e Tzèdeq è in ebraico anche il pianeta Giove (cfr. per es. il Séfer Yetzirà IV, 6ss. [Toaff] o 43ss. [Busi-Loewenthal]).
- Però, dato che la vocalizzazione massoretica del testo biblico è tarda (VII sec. d. C.) e non vincolante più di tanto, la parola MLKY-TzDQ potrebbe anche essere letta malkî-tzàdaq, “il mio re fu giusto”, laddove si leggesse tzàdaq invece di tzèdeq, ovvero mèlekh yitzdàq,, “il Re sarà giusto”, se si interpreta il nome come composizione di mèlekh, “re”, e yitzdàq, “sarà giusto” (MLK-YTzDQ).
- Un suo anagramma – ottenuto spostando la yod – darebbe poi “mikhal tzèdeq“, MYKL TzDQ, “serbatoio/ruscello (termine di difficile interpretazione) di giustizia”.
- Un altro invece darebbe “Mèlekh tzaddìq“, MLK TzDYQ, che vuol dire “re giusto”. Ciò, se non ha significato da un punto di vista filologico, può però averlo da un punto di vista cabalistico, in quanto mostra il Giusto implicito, celato nella Giustizia, ovvero la nona sefirà, Yesòd, il Fondamento, celata nella decima, Malkhùth, il Regno. Infatti Tzaddìq, Giusto, è un altro nome per Yesòd, e Tzèdeq, Giustizia, un altro per Malkhùth.
Manoscritti del Mar Morto
Uno dei manoscritti rinvenuti a Qumran non riconosciuti dal Canone Biblico, in specifico il manoscritto 11Q13/11QMelch rinvenuto nella grotta 11 di Qumran presso il Mar Morto è stato datato paleograficamente tra la fine del II secolo a.C. e l’inizio del I secolo a.C. Esso è composto di tredici frammenti dai quali si sono ricavate due colonne. La colonna 2 è preservata molto bene, la colonna 3 è ricostruita solo con alcune parole. 11Q13 può essere riguardato come una sorta di targum, uno scritto che in ebraico significa letteralmente “interpretazione”, una parafrasi dei passi biblici che serve a spiegare e a interpretare i brani delle sacre scritture. È stato tradotto in italiano da parte di Florentino Garcia Martinez e studiato di recente nella monografia di Franco Manzi, Melchisedek e l’angelologia nell’Epistola agli Ebrei e a Qumran (= Analecta Biblica 136), Roma, Editrice Pontificio Istituto Biblico, 1997, 433 pp.
Il papiro è intitolato “Melchisedec e il giudizio finale”. In tale testo si definisce Melchisedec come un Elohim e come Messia.