Il Tempio di Gerusalemme (Porta d’Oro) è il luogo dove tutti i Messia sono passati

Messia è il termine che designa una figura di importantissimo rilievo per le Religioni Abramitiche (Ebraismo, Cristianesimo ed Islam In primis).
Il termine italiano “Messia” deriva dal latino ecclesiastico Messīas-Messīae a sua volta dal greco antico Messías (Μεσσίας), quindi dall’aramaico məšīaḥ (מְׁשִיחָא), quindi dall’ebraico māšīāḥ (משיח) col significato di “unto”, riferito come eletto/elezione da parte di DIO al popolo.
Nelle Religioni Abramitiche vi sono stati molti “eletti del SIGNORE” (Messia) spesso chiamati melekh mashiach (מלך המשיח “Re Messia”), riferendosi alla regalità della figura che, seppur da leader umano, (disceso fisicamente dalla linea paterna di re Davide) contribuisce al Piano Divino. Ricordiamo tra i Messia Aronne, fratello di Mosè (Esodo 28, 41), re Saul, re Davide, re Salomone, ma anche re stranieri come Ciro il Grande e Alessandro Magno.

Tutte le Religioni Abramitiche credono nella prossima venuta sulla Terra da parte di un nuovo inviato di DIO, per redimere il Mondo e per renderlo migliore. Nel Cristianesimo la figura di questo Messia coincide con quella del ritorno di Cristo per completare la redenzione dei Popoli; Nell’Ebraismo invece non avendo riconosciuto Gesù come Messiah, ancora si aspetta la venuta del Salvatore; invece la tradizione islamica ha una profezia del Mahdi, che arriverà insieme al ritorno di Isa (Messia).

Origine e significato del termine

Storia della nozione

Nell’antichità l’olio d’oliva era la base di ogni unguento o profumo. L’unzione, perciò, era parte della vita quotidiana e simbolo dei momenti di gioia (cfr. ad esempio nella Bibbia Pr 27,9 e Qo 9,8). Nel libro dell’Esodo (Es 30, 22-33) viene stabilita la composizione di un olio rituale, profumato per un terzo con mirra, per un terzo con cassia e per un sesto ciascuno con cinnamomo e canna aromatica. L’olio sacro serve per esprimere il compiacimento divino, cioè per consacrare tramite un rito di unzione sacra il tabernacolo, i suoi arredi e i ministri del culto.

Analogamente nella Bibbia compare il rito di unzione del re, ma solo in occasione di cambi di dinastia, quando risultava indispensabile esprimere il compiacimento divino. Particolarmente significativa è l’attribuzione di “unto” al re persiano Ciro, che ovviamente non si era sottoposto ad alcun rito ebraico, per sottolineare che egli aveva svolto una funzione salvifica e regale stabilita da DIO.

La nozione di Messia, quindi, è strettamente legata a quella di “regalità” e tale regalità è, nell’alveo delle culture antiche del Vicino Oriente, frutto di una investitura divina.

E come in Egitto, dove il faraone è indicato come figlio di Ra (il dio Sole), o come per il re, rappresentante del dio nazionale, in Mesopotamia, allo stesso modo l’investitura del re di Israele richiede riti liturgici. La sostanziale differenza nella cultura ebraica è mantenere il privilegio della liturgia dell’unzione con l’olio d’oliva nell’investitura regale rispetto all’incoronazione.

Quindi il re d’Israele è l'”Unto di JHWH“, il DIO di Abramo, come gli antichi re mesopotamici erano gli «Unti di An o di Enlil».

L’unzione del re di Israele rappresenta una investitura caratterizzata dalla discesa dello Spirito divino:

« Samuele prese allora l’ampolla dell’olio e gliela versò sulla testa, poi lo baciò dicendo: “Ecco: il SIGNORE ti ha unto capo sopra Israele suo popolo. Tu avrai potere sul popolo del SIGNORE e tu lo libererai dalle mani dei nemici che gli stanno intorno »
(1 Samuele X,1)
« Lo Spirito del SIGNORE investirà anche te e ti metterai a fare il profeta insieme con loro e sarai trasformato in un altro uomo »
(1 Samuele X,6)
« Samuele prese il corno dell’olio e lo consacrò con l’unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo Spirito del SIGNORE si posò su Davide da quel giorno in poi. Samuele poi si alzò e tornò a Rama. »
(1 Samuele XVI,13)

Ma il re investito con l’olio non è solo l’eletto, ma anche il figlio di DIO, una terminologia utile per esprimere il dovere di eseguire la volontà del PADRE:

« Io gli sarò Padre ed egli Mi sarà figlio. Se farà il male, lo castigherò con verga d’uomo e con i colpi che danno i figli d’uomo »
(2 Samuele VII,14)

Isaia (VI sec. a.E.C.) profetizza che dalla stirpe di Davide, sarebbe sorto, in un futuro, un re che avrebbe ristabilito la giustizia:

« Ciò che Isaia, figlio di Amoz, vide riguardo a Giuda e a Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del Tempio del SIGNORE sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: “Venite, saliamo sul monte del SIGNORE, al tempio del DIO di Giacobbe, perché ci indichi le Sue Vie e possiamo camminare per i Suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà la Legge e da Gerusalemme la Parola del SIGNORE. Egli sarà Giudice fra le genti e sarà Arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade e ne faranno aratri,con le loro lance ne faranno falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra. Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del SIGNORE. »
(Libro di Isaia, II, 1-5)

Romano Penna osserva che alla fine del VI secolo a.C. si ha una prima evoluzione della nozione quando Ezechiele, avverso alla monarchia, “stacca” il “messia” dalla stirpe Davidica, il vero Davide deve ancora venire:

« Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore; io, il SIGNORE, sarò il loro DIO e Davide mio servo sarà principe in mezzo a loro: io, il SIGNORE, ho parlato. »
(Libro di Ezechiele, XXXIV, 23-4)

A partire dall’epoca persiana, quindi tra il IV e il II, la figura del “messia” acquisisce dei connotati “oltre umani”.

Di analogo avviso è Harold Louis Ginsberg il quale distingue tre fasi di sviluppo della nozione:

  • fase 1: Davide è scelto dal SIGNORE per regnare sul suo popolo fino alla fine dei tempi (2 Samuele VII; XXIII 23, 1-3; V), avendo anche il dominio sui popoli stranieri (cfr. 2 Samuele XXII. 44-51; Salmo XVIII, 44-51; Salmo II);
  • fase 2: si avvia con il crollo del regno di Davide dopo la morte di Salomone. Sorse quindi la dottrina, o la speranza, che la “casa” di Davide avrebbe potuto ancora regnare su Israele esercitando un dominio sulle nazioni vicine (cfr. Amos IX,11-12; Isaia XI,10; Osea III, 5);
  • fase 3: III. con Isaia si sposta la focalizzazione della figura come continuità della dinastia a quella sulla qualità di un futuro re: la giustizia sarà a fondamento del suo trono, giustizia che eserciterà grazie al suo potere carismatico.

Viene impiegato nell’Antico Testamento per indicare i personaggi unti di olio per volere o su indicazione di DIO, persone caratterizzate da una precisa missione e con uno scopo: re, profeti, sacerdoti.

Attraverso l’esperienza del regno (cioè a partire dal primo re, Saul), “messia” viene usato più specificamente in riferimento ai re. L’Antico Testamento riporta la promessa fatta alla discendenza di Davide che un suo discendente sarebbe rimasto sempre sul trono di Giuda, dando alla consacrazione regale un carattere dinastico.

Con la fine della monarchia nel regno giudaico, successiva al regno israelitico, e l’inizio dell’esilio babilonese (587-538 a.C.), il significato del termine assume anche un significato escatologico e indica l’inviato di DIO che apre l’era omonima: l’Era Messianica.

Nell’Ebraismo

Riproduzione del Tempio di Gerusalemme. La Costruzione del Terzo Tempio, è spesso collegata all’Avvento dell’Era Messianica

L’obiettivo finale ebraico si realizza in una monarchia davidica, apice di Israele, che l’avvento messianico dovrebbe restaurare. La parola ebraica Mashiach (o Moshiach) si riferisce alle tradizioni attorno alla figura del Messia.

Nella Bibbia il rito dell’unzione di un re viene citato tutte e sole le volte che c’è un cambio di dinastia: esso perciò esprime approvazione divina e conferisce legittimità. Analogamente il rito viene eseguito per conferire la carica di sommo sacerdote; figura spesso indicata come “il sacerdote, quello unto” (Cohen ha-Mašíaḥ). Un importante personaggio, non rientrante in queste due categorie, a cui viene attribuito questo titolo è l’imperatore Ciro il Grande (Isaia 45:1), il cui ruolo di liberatore del popolo ebraico lo rende un prototipo del messia escatologico.

Nell’Era Talmudica il titolo Mashiach o in ebraico: מלך המשיח‎, Méleḫ ha-Mašíaḥ letteralmente significa “il Re unto”, e si riferisce al leader umano e re ebraico che riscatterà Israele nella “Fine dei giorni” e che la condurrà verso un’era messianica di pace e prosperità sia per i vivi che per i morti.

Il Messia ebraico, quindi, si riferisce ad un discendente fisicamente dalla stirpe di Re Davide, che governerà e unirà il popolo di Israele e che lo condurrà verso l’Era Messianica di pace globale e universale. Il Messia ebraico, a differenza di quello cristiano, non viene considerato pari a DIO e non corrisponde alla figura di Gesù.

Maimonide descrive l’identità del Messia nei seguenti termini:

E se un re sorgerà tra la casa di Davide, studiando la Torah e occupandosi di rispettare Comandamenti come suo padre Davide, secondo la Torah scritta e orale, e spingerà tutto Israele a seguirlo e a rafforzare le violazioni nella sua osservanza, e combatterà le guerre di DIO, questo deve essere trattato come se fosse l’unto. Se ci è riuscito e ha costruito il Santo Tempio nel suo giusto posto e ha riunito insieme i dispersi di Israele, questo di certo è davvero l’unto, e lui guarirà il Mondo intero per adorare insieme il SIGNORE, come è affermato: “In quel tempo girerò per le nazioni una lingua chiara, così che tutti annuncino il Nome del SIGNORE e Lo adorino con una risoluzione unita (Sofonia 3: 9)”.

Nel cristianesimo

Il cristianesimo, in tutte le sue confessioni, crede che il Messia si sia già manifestato, e lo identifica con la figura di Gesù il Nazareno. Il termine greco mashìach si traduce Christòs (Χριστός), da cui viene l’appellativo tradizionale, di matrice neotestamentaria, di Gesù, il “Cristo”. Il nome Gesù, attraverso il greco dei Vangeli Ιησους (Iēsoûs) e il latino Iesus, è equivalente al diffusissimo nome ebraico יהושע [pronuncia: Yĕhošūa‘]. Tale nome è propriamente un teoforico, e significa “DIO è salvezza” o “DIO salva”. In ebraico moderno il nome Gesù, intendendo specificamente il Gesù cristiano e non un generico Yehoshua, è Yeshu (ישו).

L’atteggiamento di Gesù di fronte alle attese messianiche del suo tempo

Al tempo di Gesù, anche a seguito della dominazione straniera in atto per opera dell’Impero Romano, la maggior parte di coloro che attendevano il Messia supponeva che si sarebbe trattato di una personalità in grado di restituire l’autonomia politica agli Ebrei e di restaurare il Regno di Israele. La fede in un Messia-Liberatore era propria, probabilmente, di tutte le principali correnti spirituali giudaiche, sebbene con differenti implicazioni e sfumature.

Per i Farisei, la borghesia colta nazionalista apparsa sulla scena politica verso la fine del II secolo a.C., il Messia-Liberatore si sarebbe manifestato con segni inequivocabili al momento opportuno e la sua venuta doveva essere favorita dalla rigorosa osservanza della Legge da parte di tutto il popolo. Gli Zeloti, invece, una fazione nazionalista ancor più accesa ed estrema dei Farisei, ritenevano che occorresse in ogni modo favorire le circostanze dell’avvento del Messia, anche con il ricorso alla violenza. I Sadducei, la fazione più antica e moderata, per lo più composta dalle famiglie dell’aristocrazia sacerdotale, essendo relativamente disponibile a un pacifico inserimento della nazione ebraica nell’Impero Romano del quale, benché pagano e politeista, non disconosceva la superiorità culturale, militare e organizzativa, consideravano con realismo l’impossibilità che un Messia-Liberatore potesse restituire a Israele la sua indipendenza. Non sono chiare, infine, le caratteristiche delle attese messianiche in seno alla corrente spirituale degli Esseni.

Nell’ambito del Giudaismo non mancavano, tuttavia, coloro che ritenevano che il Messia non sarebbe stato un attore della scena politica, bensì un rinnovatore spirituale, un profeta in linea con la parola di Mosè di Deuteronomio 18,15 o, comunque, un personaggio destinato a essere esaltato da DIO in un’opera di redenzione del popolo, come prefigurato nel Canto del Servo del profeta Isaia. A questa frangia minoritaria del Giudaismo doveva appartenere, probabilmente, anche Giovanni Battista, indicato nei Vangeli come precursore di Gesù Cristo.

Gesù è ben attento a non confondere la sua missione con quella dei Messia politici del suo tempo, arriva al punto di zittire i miscredenti chiaramente affermando la sua identità come di Figlio di DIO (Marco 1,34; Luca 4,34). Questo è un concetto riferito alla divina discendenza di ogni uomo e donna (creati a “Sua Immagine” Libro della Genesi Capitolo 1, 26-28), e che il Salmo 82, 6 ribadisce (concetto sottolineato dallo stesso Gesù e riportato nel Vangelo secondo Giovanni al Capitolo 10 versetti 34-36) in una concezione umano-divina del tutto nuova per l’Ebraismo.

Gli esegeti si riferiscono alla prudenza di Gesù nel non rivelarsi immediatamente, con l’espressione di segreto messianico.

Gesù dice chiaramente a Pilato “il mio regno non è di questo mondo” (Gv 18, 36) in quanto appartenendo alla discendenza di DIO, che regna in eterno con la terra a “sgabello dei Suoi Piedi” (Salmo 110). La gloria del suo regno è visibile nella creazione di DIO fin dal primo giorno (Rm 1,19-20) e si manifesterà con la sua potenza gli occhi di tutte le genti(Ap 1,7) nell’ultimo giorno fissato dal PADRE fin dal Principio.

Al gruppo dei Dodici Gesù rivelerà progressivamente il mistero della sua vocazione messianica e della sua natura di Figlio di DIO, dopo la professione di fede di Cesarea di Filippo: nei tre annunci della passione (Mc 8,31; 9,31; 10,33) spiegherà che la realizzazione della sua missione passerà attraverso il rifiuto del suo popolo e la condanna a morte, per culminare nella resurrezione.

Nell’episodio dell’entrata trionfale in Gerusalemme attraverso la porta d’Oro (Domenica delle Palme, Vangelo secondo Giovanni 12,12-15), l’evangelista mostra che in Gesù si compie la scrittura la quale dice:

Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d’asina.

Si nota che qui, per l’evangelista, Gesù è il Re discendente di Davide sul quale si focalizzavano le attese messianiche; secondo Giovanni e l’Escatologia cristiana, il Messia è venuto sulla Terra ma vi deve ancora ritornare nella Gloria.

Nel processo davanti alle autorità ebraiche, alla domanda del Sommo Sacerdote sulla sua identità messianica, Gesù risponderà: “Tu l’hai detto”, asserendo quasi l’esattezza delle parole di chi lo interrogava, ma senza affermarlo direttamente. La rivendicazione di Gesù di essere il Messia non costituiva, per i suoi ascoltatori del Sinedrio, qualcosa di particolarmente insolito o scandaloso. Semmai, essi avrebbero potuto contestarne l’opportunità politica, ponendo la pretesa di Gesù sullo stesso piano di quelle di innumerevoli pretesi Messia succedutisi nel tempo e poi regolarmente uccisi o spariti, dopo aver fallito i loro obiettivi politici. Ciò che determina, tuttavia, lo scandalizzato rifiuto di Gesù è l’affermazione che egli fa subito dopo aver confermato di essere il Messia, dichiarando di essere qualcosa di ben superiore, ossia il Figlio dell’uomo, espressione coniata da altri profeti (tra cui il profeta Daniele 7,13-14), e precisando, altresì, il chiaro significato divino di tale qualifica proclamando la sua intronizzazione alla destra del PADRE del Salmo 110.

Sotto la croce alcuni giudei sfidano Gesù a scendere, se egli è realmente il Messia e il Figlio di DIO (Mc 15,32). Gesù non raccoglie la “sfida”, e si mantiene fedele a quanto lui stesso aveva predetto nel triplice annuncio. Pronuncia le prime parole del salmo 21 che qualche millennio prima avevano predetto questi eventi.

Nell’apparizione ai discepoli di Emmaus, Cristo resuscitato spiega chiaramente che il Messia doveva soffrire per entrare nella sua gloria (Luca 24, 13-35).

Il nome di Muhammad Al-Mahdi con calligrafia islamica come appare in Al-Masjid an-Nabawi.

Nell’islam

Il Mahdi (in arabo: مَهْديّ‎, Mahdī, lett. “ben guidato da DIO”) è elemento fondamentale dell’Escatologia islamica, riproponendo in questo contesto l’idea messianica tipica dell’Ebraismo. Mirza Ghulam Ahmad è considerato dai suoi devoti come il Messia promesso e Imam Mahdi degli Ahmadiyya che è giudicato eretico dall’Islam in quanto una sua parte parla di riapertura del ciclo profetico da parte dello stesso Mirza Ghulam Ahmad.

Al Mahdī è riservata l’azione antagonistica del Male, rappresentato dal Dajjāl, preannunciando la fine del mondo (il “Dì del Giudizio“, yawm al-dīn) nel quale DIO (ALLAH) decreterà per i defunti resuscitati di tutte le generazioni umane, per l’occasione, il destino di salvezza o di dannazione.
La tradizione orale Musulmana colloca il Mahdi nella Grande Moscha bianca, la Moschea di Damasco in Siria.

Il Mahdi nell’islam sciita

Nell’interpretazione sciita del Mahdi, egli è un essere dalle caratteristiche quasi divine, certamente soprannaturali, perché è vissuto per secoli in occultamento, e quindi è quasi immortale. Egli è il dodicesimo Imam, che farà l’apocalisse, sconfiggerà l’Anticristo e porterà la pace nel mondo. Il Mahdi nell’interpretazione sciita è senz’altro un musulmano, proviene dall’Oriente, e realizzerà il pieno dominio della religione islamica nel mondo. Nella sua azione riformatrice viene aiutato da Cristo al tempo della sua seconda venuta. Nell’Iran di oggi si attende l’avvento del Mahdi, ed è ritenuto imminente.

Il Mahdi nell’islam sunnita

Molto diversa è la concezione sunnita del Mahdi. Egli può essere un semplice uomo, non ha cioè caratteri divini e soprannaturali, e può non essere necessariamente di religione islamica. Secondo questa interpretazione, il Mahdi non ha il potere di cambiare il mondo, e riesce nella sua impresa, di convertire il mondo intero, perché è aiutato da DIO.

Il Saoshyant nello zoroastrismo

Nell’escatologia dello zoroastrismo alla fine dei tempi una figura messianica, il Saoshyant, guiderà le forze del Bene alla vittoria e quindi alla redenzione dell’intero cosmo.

 

Other Languages
Slide
Teologia = Direzione
Storia = Consigliera
Filosofia = Compagna
Main Topics
Newsletter