La Regola d’Oro

Introduzione

L’Etica della Reciprocità o la Regola d’Oro è un valore morale fondamentale che “si riferisce all’equilibrio in un sistema interattivo tale che ciascuna parte ha diritti e doveri; la norma secondaria della complementarità afferma che i diritti di ciascuno sono un dovere per l’altro“. Essenzialmente si tratta di un codice etico in base al quale ciascuno ha diritto a un trattamento giusto e il dovere e la responsabilità di assicurare la giustizia agli altri. L’etica della reciprocità tra individui è il fondamento della dignità, della convivenza pacifica, della legittimità, della giustizia, del riconoscimento e del rispetto tra individui, delle religioni civili. La reciprocità è la base essenziale per il moderno concetto di diritti umani.

La “reciprocità” sintetizza con viva autenticità in sé le parole “libertà” e “uguaglianza”. Le dottrine sulla libertà considerano l’etica della reciprocità tra individui un fondamento ovvio. Ogni ingiustizia avrebbe origine da qualche precisa violazione del principio di Reciprocità tra individui. Secondo l’antropologia, l’etica della reciprocità è l’unica regola universalmente accettata, seppur con alcune varianti.

La Regola d’Oro ha radici in molte culture diverse, ma è forse proprio nelle Religioni Abramitiche (terzo Libro della Bibbia Lv 19, 18) nel quale troviamo la sua origine, il riferimento scritto più tangibile.

Importanti filosofi e personaggi religiosi l’hanno formulata in modi diversi. Spesso si distingue fra la sua forma positiva (“Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”) e quella negativa (“Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”), meno esigente e perciò detta anche “regola d’argento”. Un elemento chiave della Regola è che chi cerca di vivere in base ad essa dovrebbe trattare con rispetto tutte le persone e non solo i membri della propria comunità di appartenenza, come purtroppo è spesso avvenuto storicamente.

Filosofia greca antica

La Regola d’Oro, nella sua forma negativa, era un principio comune nella filosofia dell’Antica Grecia. Alcuni esempi:

“Non fare al tuo vicino quello che ti offenderebbe se fatto da lui” (Pittaco)
“Evita di fare quello che rimprovereresti agli altri di fare” (Talete)
“Non fare agli altri ciò che ti riempirebbe di ira se fatto a te dagli altri” (Isocrate)
“Ciò che tu eviteresti di sopportare per te, cerca di non imporlo agli altri” (Epitteto)

Un detto analogo si trova anche nelle Sentenze di Sesto, un’opera di epoca e autore sconosciuto.

Contesti Religiosi

Religioni Abramitiche

Nell’Ebraismo

Una regola di reciprocità altruistica fu dichiarata per la prima volta in un noto versetto della Torah (in ebraico: “ואהבת לרעך כמוך”):

Amerai il tuo prossimo come te stesso.
(Levitico 19,18)

 

Hillel il Vecchio (circa 110 a.C. – 10 d.C.), usò questo versetto come uno dei messaggi più importanti della Torah per i suoi insegnamenti. Una volta, fu sfidato da un gentile che gli chiese di essere convertito a condizione che la Torah gli fosse spiegata mentre stava in piedi su un piede solo. Hillel lo accettò come candidato alla conversione al giudaismo e, basandosi su Levitico 19, 18, disse all’uomo:

“Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te: questa è tutta la Torah. Il resto è commento. Va’ e studia.
(Shabbath folio:31a, Babylonian Talmud)

 

Hillel riconosceva l’amore fraterno come il principio fondamentale dell’etica ebraica. Rabbi Akiva era d’accordo e suggerì che il principio dell’amore deve avere il suo fondamento nella Genesi capitolo 1, che insegna che tutti gli uomini sono la progenie di Adamo che fu fatto a immagine di DIO (Sifra, Ḳedoshim, iv.; Yer. Ned. ix. 41c; Genesi Rabba 24). Secondo la letteratura rabbinica ebraica, il primo uomo Adamo rappresenta l’unità del genere umano. Questo è ripreso nel moderno preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. E si insegna anche che Adamo è l’ultimo nell’ordine secondo il carattere evolutivo della creazione di DIO:

Perché un solo esemplare di uomo è stato creato per primo? Per insegnarci che chi distrugge una sola anima distrugge un mondo intero e che chi salva una sola anima salva un mondo intero; inoltre, perché nessuna razza o classe possa rivendicare un’ascendenza più nobile, dicendo: “Nostro padre è nato per primo”; e, infine, per dare testimonianza della grandezza del Signore, che ha fatto sì che la meravigliosa diversità del genere umano emanasse da un solo tipo. E perché Adamo fu creato per ultimo tra tutti gli esseri? Per insegnargli l’umiltà; perché se è prepotente, si ricordi che la piccola mosca lo ha preceduto nell’ordine della creazione.

 

L’edizione del Levitico della Jewish Publication Society afferma:

Non odierai il tuo fratello nel tuo cuore; rimprovererai il tuo prossimo e non sopporterai il peccato a causa sua. 18 Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso: Io sono l’ETERNO.

 

Questo versetto della Torah rappresenta una delle varie versioni della Regola d’Oro, che a sua volta appare in varie forme, positive e negative. È la prima versione scritta di questo concetto in forma positiva.

A cavallo delle ere, i rabbini ebrei discutevano ampiamente la portata del significato di Levitico 19:18 e 19:34:

Lo straniero che risiede presso di te sarà per te come uno dei tuoi cittadini; lo amerai come te stesso, perché tu eri straniero nel paese d’Egitto: Io, l’Eterno, sono il tuo DIO.
(Levitico 19:34)

 

I commentatori riassumevano in stranieri (= samaritani), proseliti (= ‘stranieri che risiedono con voi’) (Rabbi Akiva, bQuid 75b) o ebrei (Rabbi Gamaliel, yKet 3,1; 27a) la portata del significato.

Il saggio Hillel formulò una forma alternativa della Regola d’Oro. Quando gli fu chiesto di riassumere l’intera Torah in modo conciso, egli spiegò, e insegnò al proselito:

Ciò che è odioso per te, non farlo al tuo prossimo. Questa è tutta la Torah; il resto è la spiegazione; vai e imparala.
(Talmud, Shabbat 31a, il “Grande Principio”)

 

Sul versetto “Ama il tuo simile come te stesso”, il commentatore classico Rashi cita dal Torat Kohanim, un antico testo midrashico riguardante il famoso detto di Rabbi Akiva: “Ama il tuo simile come te stesso – Rabbi Akiva dice che questo è un grande principio della Torah”.

Nel Cristianesimo

Nei vangeli di Matteo (7,12; 22,36-40) e di Luca (6,31; 10,27) Gesù esorta ripetutamente ad applicare la Regola d’Oro del Libro del Levitico (cioè nella sua formulazione positiva, quella più esigente). Per esempio Gesù nel discorso sulla montagna riportato nei Vangeli afferma:

Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.
(Vangelo Matteo 7, 12)

 

Nel vangelo di Giovanni inoltre Gesù invita i cristiani ad andare anche oltre la regola aurea e ad amare i propri “fratelli” più di se stessi, non esitando a spendere la propria vita per loro come lui ha fatto per noi (Gv 15, 9-17). Nel Vangelo secondo Luca, rifacendosi alla didattica riportata anche dai Salmi e dal Profeta Ezechiele (Ez 33, 11) , si invita ad amare i propri nemici (Lc 6, 27-38). La misura dell’amore, quindi, non è soltanto l’uomo (fa’ agli altri quello che vorresti fosse fatto a te), ma DIO stesso. Nel Nuovo Testamento, si potrebbe espore l’universalità dell’impegno ad amare (Atti 10, 34-35), che invece nell’Antico Testamento sembrava limitato più ai membri del proprio popolo (Lev 19, 18).

Il cristianesimo mette in evidenza la duplice ragione del valore della Regola d’Oro: innanzitutto, l’uomo merita di essere amato perché creato ad immagine di DIO e, quindi, già amato da DIO stesso; inoltre, Gesù afferma di valutare ciò che viene fatto agli altri, anche ai nemici, come se venisse fatto a lui stesso (Matteo 25, 40).

I libri deuterocanonici dell’Antico Testamento di Tobit e Siracide, accettati come parte del canone scritturale dalla Chiesa cattolica, dall’Ortodossia orientale e dalle Chiese non calcedoniane, esprimono una forma indiretta della regola d’oro:

“Non fare a nessuno ciò che a te stesso non piace”.
(Tobit 4:15)

“Riconosci che il tuo prossimo prova ciò che provi tu, e tieni presente ciò che a te stesso è in antipatia”.
(Siracide 31:15)

 

Un passaggio simile, un parallelo al Grande Comandamento, è Luca 10:25-28

25 Un giorno un’autorità della legge si alzò per mettere alla prova Gesù. “Maestro”, chiese, “cosa devo fare per ricevere la vita eterna?”
26 Che cosa è scritto nella Legge?”. Gesù rispose. “Come lo capisci?”. 27 Egli rispose: “Ama il SIGNORE tuo DIO con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima. Amalo con tutta la tua forza e con tutta la tua mente”. (Deuteronomio 6:5) E, ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’. “28 “Hai risposto correttamente”, rispose Gesù. “Fai così e vivrai”.

 

Il brano nel Libro di Luca continua poi con Gesù che risponde alla domanda: “Chi è il mio prossimo?”, raccontando la parabola del Buon Samaritano, indicando che “il tuo prossimo” è chiunque abbia bisogno. Questo si estende a tutti, compresi coloro che sono generalmente considerati ostili.

L’insegnamento di Gesù va oltre la formulazione negativa di non fare ciò che non si vorrebbe fosse fatto a se stessi, alla formulazione positiva di fare attivamente del bene all’altro che, se le situazioni fossero invertite, si vorrebbe che l’altro facesse per lui. Questa formulazione, come indicato nella parabola del Buon Samaritano, enfatizza la necessità di un’azione positiva che porti beneficio all’altro, non semplicemente di trattenersi da attività negative che fanno male all’altro. Prese come regola di giudizio, entrambe le formulazioni della regola d’oro, quella negativa e quella positiva, sono ugualmente applicabili.

In un passo del Nuovo Testamento l’apostolo Paolo si riferisce alla regola d’oro:

14Perché tutta la legge si compie in una sola parola, in questa: Amerai il tuo prossimo come te stesso.
(Galati 5:14)

 

Nell’Islam

La Regola d’Oro è implicitamente espressa in molti versetti del Corano, ed è esplicitamente dichiarata nei detti di Maometto. Una traslitterazione comune è: ِAheb li akheek ma tuhibu li nafsik. Questo può essere tradotto come “Desidera per tuo fratello, ciò che desideri per te stesso” o “Ama per tuo fratello ciò che ami per te stesso”.

Dal Corano: il primo versetto raccomanda la forma positiva della regola, e i versetti successivi condannano la non osservanza della forma negativa della Regola d’Oro:

“…e devi perdonare e trascurare: Non volete che DIO vi perdoni? E ALLAH è il misericordioso che perdona”.
Corano (Surah 24, “La Luce”, v. 22)

“Guai a coloro… che, quando devono ricevere su misura dagli uomini, esigono esattamente l’intera misura, ma quando devono dare su misura o peso agli uomini, danno meno del dovuto”
Corano (Surah 83, “I mercanti di frodi”, vv. 1-4)

“…gli orfani e i bisognosi, date loro qualcosa e parlate loro con gentilezza. E coloro che si preoccupano del benessere dei propri figli dopo la loro morte, dovrebbero avere timore di ALLAH (DIO) [Trattare giustamente gli orfani degli altri] e guidarli in modo adeguato.”
Corano (Surah 4, “Le donne”, vv. 8-9)

“O voi che credete! Spendete [benevolmente] delle cose buone che avete guadagnato… e non pensate nemmeno di spendere [in elemosina] cose senza valore che voi stessi sareste riluttanti ad accettare.”
Corano (Surah 2, “Il vitello”, v. 267)

 

Dagli hadith, i resoconti orali e scritti raccolti di Maometto e dei suoi insegnamenti durante la sua vita:

Un beduino venne dal profeta, afferrò la staffa del suo cammello e disse: O Messaggero di Dio! Insegnami qualcosa per andare in cielo con esso. Il profeta disse: “Quello che vorresti che la gente facesse a te, fallo a loro; e quello che non ti piace che sia fatto a te, non farlo a loro. Ora lascia andare la staffa! [Questa massima è sufficiente per te; vai e agisci in conformità ad essa!]”.
Kitab al-Kafi, vol. 2, p. 146

“Nessuno di voi [veramente] crede finché non desidera per suo fratello ciò che desidera per se stesso”.
Quaranta hadith 13 di An-Nawawi (p. 56)

“Cerca per gli uomini quello di cui desideri per te stesso, affinché tu possa essere un credente”.
Sukhanan-i-Muhammad (Teheran, 1938)

“Quello che desideri per te stesso, cercalo per l’umanità”.

“La persona più giusta è quella che acconsente per gli altri ciò che acconsente per se stesso, e che non sopporta per loro ciò che non sopporta per se stesso”.

 

Ali ibn Abi Talib (4° Califfo nell’Islam sunnita, e primo Imam nell’Islam sciita) dice:

“O’ figlio mio, fai di te stesso la misura (per i rapporti) tra te e gli altri. Così, dovresti desiderare per gli altri ciò che desideri per te stesso e odiare per gli altri ciò che odi per te stesso. Non opprimere come non ti piace essere oppresso. Fai del bene agli altri come vorresti che fosse fatto del bene a te. Considera male per te quello che consideri male per gli altri. Accetta dagli altri quel trattamento che vorresti che gli altri accettassero da te… Non dire agli altri ciò che non vorresti fosse detto a te”.
Nahjul Balaghah, Lettera 31

 

Altri hadiths che contengono la Regola d’Oro sono:

Anas riferì che Maometto disse: “Nessuno di voi è veramente musulmano finché non ama per suo fratello ciò che ama per se stesso”. (Riportato in Sahih Muslim e Sahih Bukhari).

Chi desidera essere liberato dal fuoco ed entrare in Paradiso dovrebbe trattare gli altri come desidera essere trattato lui stesso. (Riportato da Sahih Muslim).
Fai a tutti gli uomini quello che vorresti fosse fatto a te; e rifiuta per gli altri quello che rifiuteresti per te stesso. (Riportato da Abu Dawud)

 

Fede Bahá’í

Gli scritti della Fede Bahá’í, mentre incoraggiano tutti a trattare gli altri come tratterebbero se stessi, vanno oltre introducendo il concetto di preferire gli altri a se stessi:

O Figlio dell’uomo! Non negare al Mio servo che ti chieda qualcosa, perché il suo volto è il Mio volto; sii dunque umiliato davanti a Me.

Beato colui che preferisce il suo fratello a se stesso

E se i tuoi occhi sono rivolti alla giustizia, scegli per il tuo prossimo quello che hai scelto per te stesso.

Non attribuire a nessuno ciò che non vorresti fosse attribuito a te, e non dire ciò che non fai.

 

Religioni indiane

Induismo

Non si dovrebbe mai fare ad un altro ciò che si considera dannoso per se stessi. Questa, in breve, è la regola del dharma. Altri comportamenti sono dovuti a desideri egoistici.
Brihaspati, Mahabharata (Anusasana Parva, sezione CXIII, verso 8)

Facendo del dharma (giusta condotta) il tuo obiettivo principale, tratta gli altri come tratti te stesso

Anche,

श्रूयतां धर्मसर्वस्वं श्रुत्वा चाप्यवधार्यताम्।
आत्मनः प्रतिकूलानि परेषां न समाचरेत्।।

Se l’intero Dharma può essere detto in poche parole, allora è – ciò che è sfavorevole a noi, non farlo agli altri.
Padmapuraana, shrushti 19/357-358

Buddismo

Buddha (Siddhartha Gautama, 623 circa – 543 circa a.C.) fece di questo principio una delle pietre miliari della sua etica nel 6° secolo a.C. Ricorre in molti luoghi e in molte forme in tutto il Tripitaka.

Paragonando se stessi agli altri in termini come “Così come sono io, così sono loro, così come sono loro, così sono io”, egli non dovrebbe uccidere né far uccidere gli altri.
Sutta Nipata 705

Colui che, mentre cerca la felicità, opprime con la violenza altri esseri che desiderano anch’essi la felicità, non otterrà la felicità nell’aldilà.
Dhammapada 10. Violenza

Non fare del male agli altri in modi che tu stesso troveresti offensivi.
Udanavarga 5:18

Mettendosi al posto di un altro, non si dovrebbe uccidere né far uccidere un altro.

Jainismo

La Regola d’Oro è fondamentale nella filosofia giainista e può essere vista nelle dottrine di Ahimsa e Karma. Come parte della proibizione di far soffrire qualsiasi essere vivente, il giainismo proibisce di infliggere agli altri ciò che è dannoso per se stessi.

La seguente citazione dall’Acaranga Sutra riassume la filosofia del giainismo:

Niente che respiri, che esista, che viva, o che abbia essenza o potenziale di vita, dovrebbe essere distrutto o governato, o soggiogato, o danneggiato, o negato della sua essenza o potenziale.

A sostegno di questa Verità, vi faccio una domanda – “Il dolore o la tristezza sono per voi desiderabili?” Se dite “Sì, lo è”, sarebbe una bugia. Se dite: “No, non lo è”, state esprimendo la verità. Come la tristezza o il dolore non è desiderabile per te, così lo è per tutti coloro che respirano, esistono, vivono o hanno una qualsiasi essenza di vita. Per te e per tutti, è indesiderabile, doloroso e ripugnante.

Un uomo dovrebbe vagare trattando tutte le creature come lui stesso sarebbe trattato.
Sutrakritanga, 1.11.33

Nella felicità e nella sofferenza, nella gioia e nel dolore, dovremmo considerare tutte le creature come noi stessi.
Signore Mahavira, 24° Tirthankara

Saman Suttam di Jinendra Varni dà un’ulteriore comprensione di questo precetto:-

Così come il dolore non è piacevole per te, lo è anche per gli altri. Conoscendo questo principio di uguaglianza, tratta gli altri con rispetto e compassione.
Suman Suttam, verso 150

Uccidere un essere vivente è uccidere se stessi; mostrare compassione a un essere vivente è mostrare compassione a se stessi. Colui che desidera il proprio bene, dovrebbe evitare di causare qualsiasi danno ad un essere vivente.
Suman Suttam, verso 151

Sikhismo

Preziose come gioielli sono le menti di tutti. Far loro del male non è affatto un bene. Se desideri il tuo Amato, allora non ferire il cuore di nessuno.
Guru Arjan Dev Ji 259, Guru Granth Sahib

Religioni dell’Asia orientale

Nel Confucianesimo

Nell’insegnamento confuciano, altamente importante è la solidarietà.
Chiese Tzu Kung

己所不欲,勿施於人。
“Ciò che non desideri per te stesso, non farlo agli altri.”

“C’è una parola in accordo alla quale, agire per tutta la vita?”
Disse Confucio:
“E’ perdono. Ciò che non vuoi sia fatta a te, non farlo agli altri”
(lun yu 15,23)

 

Taoismo

Il saggio non ha interessi propri, ma prende gli interessi del popolo come propri. È gentile con i gentili; è gentile anche con gli scortesi: perché la Virtù è gentile. È fedele ai fedeli; è fedele anche agli infedeli: perché la Virtù è fedele.
Tao Teh Ching, Capitolo 49

Considera il guadagno del tuo prossimo come il tuo guadagno, e la perdita del tuo prossimo come la tua perdita.
T’ai Shang Kan Ying P’ien

Mohismo

Se le persone considerassero gli stati degli altri nello stesso modo in cui considerano il proprio, chi inciterebbe il proprio stato ad attaccare quello di un altro? Perché si farebbe per gli altri ciò che si farebbe per se stessi. Se gli uomini considerassero le città degli altri nello stesso modo in cui considerano la propria, chi inciterebbe la propria città ad attaccare quella di un altro? Perché si farebbe per gli altri quello che si farebbe per se stessi. Se gli uomini considerassero le famiglie degli altri nello stesso modo in cui considerano le proprie, chi inciterebbe la propria famiglia ad attaccare quella di un altro? Perché si farebbe per gli altri quello che si farebbe per se stessi. E così, se gli stati e le città non si attaccano l’un l’altro e le famiglie non si devastano e non si derubano a vicenda, questo sarebbe un danno per il mondo o un beneficio? Naturalmente si deve dire che è un beneficio per il mondo.
Mozi, 400 a.C. circa

Mozi considerava la regola d’oro come un corollario alla virtù cardinale dell’imparzialità, e incoraggiava l’egualitarismo e l’altruismo nelle relazioni.

Antichità

Vicino Oriente antico

La Regola d’oro appare nelle religioni abramitiche nel seguente versetto biblico: “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i tuoi parenti. Ama il tuo prossimo come te stesso: Io sono il Signore”. (Levitico 19:18)

Antico Egitto

Forse la più antica affermazione della massima di reciprocità, che riflette l’antica dea egizia Ma’at, appare nella storia del Contadino Eloquente, che risale al Medio Regno (circa 2040 – circa 1650 a.C.): “Ora questo è il comando: Fai a chi fa per farlo fare”. Questo proverbio incarna il principio del do ut des. Un papiro del Tardo Periodo (c. 664 a.C. – 323 a.C.) contiene una prima affermazione negativa della Regola d’Oro: “Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo ad un altro”.

Antica Cina

La Regola d’oro esisteva in tutte le principali scuole filosofiche dell’antica Cina: Mohismo, Taoismo e Confucianesimo. Esempi del concetto includono:

“Non imporre mai agli altri ciò che non sceglieresti per te stesso”. – Confucio (c. 500 a.C.)
“Se le persone considerassero le famiglie degli altri nello stesso modo in cui considerano la propria, chi inciterebbe la propria famiglia ad attaccare quella di un altro? Perché si farebbe per gli altri quello che si farebbe per se stessi”. – Mozi (c. 400 a.C.)
“Considera il guadagno del tuo vicino come il tuo guadagno, e la perdita del tuo vicino come la tua perdita”. – Laozi (c. 500 a.C.)

India antica

Tradizione sanscrita

Nel Mahābhārata, l’antica epopea dell’India, c’è un discorso in cui il saggio ministro Vidura consiglia il re Yuddhiśhṭhira così: “L’ascolto delle sagge scritture, l’austerità, il sacrificio, la fede rispettosa, il benessere sociale, il perdono, la purezza di intenti, la compassione, la verità e l’autocontrollo – sono le dieci ricchezze del carattere (sé). O re mira a queste, possa tu essere saldo in queste qualità. Queste sono la base della prosperità e della vita giusta. Queste sono le cose più alte raggiungibili. Tutti i mondi sono equilibrati sul dharma, il dharma comprende anche le vie della prosperità. O Re, il dharma è la migliore qualità da avere, la ricchezza la media e il desiderio (kāma) la più bassa. Quindi, (tenendo queste cose in mente), con l’autocontrollo e facendo del dharma (giusta condotta) il tuo obiettivo principale, tratta gli altri come tratti te stesso”.

tasmād_dharma-pradhānéna bhavitavyam yatātmanā | tathā cha sarva-bhūtéṣhu vartitavyam yathātmani || (तस्माद्धर्मप्रधानेन भवितव्यं यतात्मना। तथा च सर्वभूतेषु वर्तितव्यं यथात्मन।॥ || Mahābhārata Shānti-Parva 167:9)

Tradizione tamil

Nella sezione sulla virtù e nel capitolo 32 del Tirukkuṛaḷ (200 a.C. circa – 500 d.C. circa), Tiruvalluvar dice: Perché un uomo infligge ad altre creature quelle sofferenze, che ha scoperto per esperienza essere sofferenze per se stesso? (K. 318) Che un uomo non permetta di fare ad un altro quelle cose che, lui sa, causeranno dolore. (K. 316) Egli opina inoltre che è la determinazione dell’immacolato (virtuoso) di non fare il male, anche in cambio, a coloro che hanno nutrito inimicizia e fatto loro del male. (K. 312) La punizione (appropriata) a coloro che hanno fatto del male (a te), è di metterli in imbarazzo mostrando loro gentilezza, in cambio e di dimenticare sia il male che il bene fatto da entrambe le parti. (K. 314)

Antica Grecia

La Regola d’Oro nella sua forma proibitiva (negativa) era un principio comune nella filosofia greca antica. Esempi del concetto generale includono:

“Evita di fare ciò che rimprovereresti agli altri di fare”. – Talete (c. 624 a.C. – c. 546 a.C.)
“Ciò che non vuoi che ti accada, non farlo nemmeno tu. ” – Sesto il Pitagorico. Il più antico riferimento esistente a Sesto è di Origene nel terzo secolo dell’era comune.
“Non fare agli altri ciò che ti fa arrabbiare quando loro lo fanno a te”. – Isocrate (436-338 a.C.)

Antica Persia

I Testi Pahlavi dello Zoroastrismo (circa 300 a.C. – 1000 d.C.) furono una delle prime fonti della Regola d’Oro: “È buona solo quella natura che si astiene dal fare ad un altro ciò che non è buono per sé”. Dadisten-I-dinik, 94,5, e “Ciò che è sgradevole a te stesso non farlo agli altri”. Shayast-na-Shayast 13,29

Antica Roma

Seneca il Giovane (c. 4 a.C.-65 d.C.), un praticante dello stoicismo (c. 300 a.C.-200 d.C.) espresse la Regola Aurea nel suo saggio riguardante il trattamento degli schiavi: “Tratta il tuo inferiore come vorresti che il tuo superiore ti trattasse”. La filosofia stoica di Seneca.

Altri contesti

Contesto secolare

Etica globale

La “Dichiarazione verso un’etica globale” del Parlamento delle religioni del mondo (1993) ha proclamato la Regola d’oro (“Dobbiamo trattare gli altri come vogliamo che gli altri ci trattino”) come principio comune a molte religioni. La dichiarazione iniziale è stata firmata da 143 leader di tutte le principali fedi del mondo, tra cui la Fede Baha’i, il Brahmanesimo, la Brahma Kumaris, il Buddismo, il Cristianesimo, l’Induismo, gli Indigeni, l’Interreligioso, l’Islam, il Giainismo, l’Ebraismo, i Nativi Americani, i Neo-Pagani, il Sikhismo, il Taoismo, i Teosofi, gli Unitari Universalisti e gli Zoroastriani.Nel folclore di diverse culture la Regola d’Oro è rappresentata dall’allegoria dei lunghi cucchiai.

Umanesimo

Molte fonti diverse affermano che la Regola d’Oro è un principio umanista:

Cercare di vivere secondo la Regola d’Oro significa cercare di entrare in empatia con le altre persone, comprese quelle che possono essere molto diverse da noi. L’empatia è alla base della gentilezza, della compassione, della comprensione e del rispetto – qualità che tutti noi apprezziamo che ci vengano mostrate, chiunque siamo, qualunque cosa pensiamo e da qualunque parte veniamo. E anche se non è possibile sapere come ci si sente veramente ad essere una persona diversa o a vivere in circostanze diverse e ad avere esperienze di vita diverse, non è difficile per la maggior parte di noi immaginare cosa ci farebbe soffrire e cercare di evitare di causare sofferenza agli altri. Per questo motivo molte persone trovano più pragmatico il corollario della Regola d’Oro – “non trattare le persone in un modo in cui non vorresti essere trattato tu stesso”.

– Maria MacLachlan, Think Humanism

Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. [è] (…) il singolo assioma morale più grande, più semplice e più importante che l’umanità abbia mai inventato, un assioma che riappare negli scritti di quasi tutte le culture e religioni nel corso della storia, quello che conosciamo come la Regola Aurea. Le direttive morali non hanno bisogno di essere complesse o oscure per essere utili, e infatti è proprio la semplicità di questa regola che la rende grande. È facile da inventare, facile da capire e facile da applicare, e queste tre cose sono le caratteristiche di un sistema morale forte e sano. L’idea alla base è facilmente comprensibile: prima di compiere un’azione che potrebbe danneggiare un’altra persona, provate ad immaginarvi nella sua posizione e considerate se vorreste essere il destinatario di quell’azione. Se voi non vorreste essere in una tale posizione, probabilmente neanche l’altra persona lo vorrebbe, e quindi non dovreste farlo. È il tratto umano di base e fondamentale dell’empatia, la capacità di sperimentare vicariamente come si sente un altro, che rende possibile tutto ciò, ed è il principio dell’empatia con cui dovremmo vivere le nostre vite.

– Adam Lee, Ebon Musings, “Un decalogo per il mondo moderno”.

Secondo Greg M. Epstein, cappellano umanista all’Università di Harvard, “‘fare agli altri’ … è un concetto che essenzialmente nessuna religione manca del tutto. Ma nessuna di queste versioni della Regola d’Oro richiede un dio”. Almeno i racconti biblici, tuttavia, ritraggono l’obbligo di amare il prossimo come se stessi come corollario di un obbligo più basilare di amare Dio con tutto il proprio essere.

Esistenzialismo

Quando diciamo che l’uomo sceglie per se stesso, intendiamo dire che ognuno di noi deve scegliere se stesso; ma con questo intendiamo anche che, scegliendo per se stesso, sceglie per tutti gli uomini. Infatti, di tutte le azioni che un uomo può compiere per crearsi come vuole essere, non ce n’è una che non sia allo stesso tempo creativa di un’immagine dell’uomo come crede di dover essere. Scegliere tra questo o quello è allo stesso tempo affermare il valore di ciò che si sceglie; perché non siamo mai in grado di scegliere il peggio. Ciò che scegliamo è sempre il meglio; e niente può essere meglio per noi se non è meglio per tutti.

– Jean-Paul Sartre, L’esistenzialismo è un umanesimo, pp. 291-292

I diritti umani

Secondo Marc H. Bornstein e William E. Paden, la Regola d’Oro è probabilmente la base più essenziale per il moderno concetto di diritti umani, in cui ogni individuo ha diritto a un giusto trattamento e una responsabilità reciproca di assicurare la giustizia agli altri.

Tuttavia Leo Damrosch ha sostenuto che la nozione che la Regola d’oro riguardi i “diritti” di per sé è un’interpretazione contemporanea e non ha nulla a che fare con la sua origine. Lo sviluppo dei “diritti” umani è un ideale politico moderno che è iniziato come un concetto filosofico promulgato attraverso la filosofia di Jean Jacques Rousseau nella Francia del XVIII secolo, tra gli altri. I suoi scritti influenzarono Thomas Jefferson, che poi incorporò il riferimento di Rousseau ai “diritti inalienabili” nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti nel 1776. Damrosch ha sostenuto che confondere la Regola d’oro con i diritti umani è applicare il pensiero contemporaneo a concetti antichi.

Psicologia

Se la forma negativa/proibitiva della Regola d’oro stesse in piedi da sola, servirebbe semplicemente come motivazione proattiva contro le azioni sbagliate. Ma la Regola d’oro in generale serve effettivamente come motivazione verso un’azione proattiva. Come ha detto Frank Crane, “La Regola d’oro non è di alcuna utilità per te se non ti rendi conto che è la tua mossa!

 


Referenze

  • W.A. Spooner, “The Golden Rule,” in James Hastings, ed. Encyclopedia of Religion and Ethics, Vol. 6 (New York: Charles Scribner’s Sons, 1914) pp. 310–12, quoted in Rushworth M. Kidder, How Good People Make Tough Choices: Resolving the Dilemmas of Ethical Living, Harper, New York, 2003. ISBN 0-688-17590-2.
  • Only a Game: The Golden Rule”. Onlyagame.typepad.com. 24 May 2007. Retrieved 12 September 2013.
  • “The Golden Rule Baháʼí Faith”. Replay.waybackmachine.org.
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